19 maggio 2010 00:00

La chiesa cattolica cubana sembra decisa a svolgere un nuovo ruolo sociale in vista dei cambiamenti in arrivo sull’isola.

L’alta gerarchia ecclesiastica ha condannato i cosiddetti “atti di ripudio” contro le damas de blanco e ha espresso solidarietà con la loro richiesta di liberazione dei prigionieri politici.

I rapporti tra la gerarchia ecclesiastica e il governo rivoluzionario hanno attraversato varie fasi. Negli anni sessanta le contraddizioni erano forti, soprattutto perché l’ateismo era una componente dell’ideologia ufficiale.

Alla fine degli anni ottanta, con la pubblicazione del libro Fidel e la religione e i contatti con i teologi della liberazione, i rapporti sono diventati più distesi. Nel 1991 il IV congresso del partito comunista ha concesso ai credenti di entrare nelle sue file.

A metà giugno si terrà la X settimana sociale cattolica, a cui dovrebbe partecipare il segretario di stato del Vaticano Dominique Mamberti. Comincia così la preparazione per i festeggiamenti, tra due anni, del seicentesimo anniversario dell’arrivo sull’isola di un’immagine della Vergine della carità, patrona di Cuba. Per l’occasione si attende la visita del papa.

Poche persone si aspettano che appaia la Madonna per mettere ordine nelle questioni cubane. La speranza è che gli esseri umani in carne e ossa, mossi dalla fede o per il bene del paese, cerchino un accordo che scuota l’isola dalla sua immobilità. La chiesa ha capito che non può ignorare queste esigenze.

*Traduzione di sara Bani.

Internazionale, numero 847, 21 maggio 2010*

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