07 ottobre 2010 00:00

Per fortuna non mi facevo più molte illusioni, altrimenti sarei rimasta davvero delusa quando, un paio di settimane fa, mi hanno negato per l’ottava volta in tre anni il permesso di viaggiare all’estero.

Da quando Raúl Castro ha ereditato la presidenza di Cuba, nel febbraio del 2008, la cosa di cui parlano di più gli studiosi sono i cambiamenti che sarebbero avvenuti nel socialismo cubano. Le speculazioni sono cominciate quando il generale ha annunciato che bisognava introdurre dei cambiamenti strutturali nell’economia.

Molti hanno creduto di poter avere una connessione internet, una tv via cavo o un’antenna parabolica. Abbiamo immaginato che sarebbe sparito l’assurdo divieto di vendere una casa o una macchina, e che finalmente il diritto di fondare un’azienda non sarebbe più stato un privilegio dello stato e degli investitori stranieri. Ma da quando abbiamo cominciato a sentir parlare di aperture, il nostro sogno più assurdo è stato pensare che si abolissero le restrizioni che obbligano gli abitanti del “primo territorio libero d’America” a chiedere un permesso per visitare un altro paese.

È meglio cambiare illusioni. Le mie speranze non riguardano la volontà dei politici, ma il peso dell’ostinata realtà. Tutto cambierà, anche se loro si oppongono. I miei nipoti mi prenderanno per bugiarda quando gli racconterò com’erano le cose ai miei tempi e io sarò felice di vedere che gli sembreranno impossibili queste sciocchezze.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 867, 8 ottobre 2010*

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