20 ottobre 2011 00:00

Otto anni fa Laura Pollán era una maestra che viveva insieme al marito Héctor Maseda, capo del Partido liberal, dichiarato fuori legge dalle autorità. Un giorno, all’alba, vari colpi alla porta gli annunciarono che qualcosa stava per cambiare.

Dopo una lunga perquisizione Maseda fu condannato a vent’anni di prigione con l’accusa di aver attentato contro la sicurezza nazionale. Il suo reato: aver pensato una Cuba diversa, aver affrontato politicamente le autorità e aver messo per iscritto le sue opinioni. In quel marzo del 2003, che rimarrà nella nostra storia come la primavera nera, furono processati settantacinque oppositori.

Così sono nate le Damas de blanco, che in modo pacifico chiedevano la liberazione dei prigionieri di coscienza. Nelle loro marce di protesta indossavano vestiti chiari e portavano un gladiolo. Laura Pollán diventò la portavoce del gruppo. La settimana scorsa quest’attivista è morta per un infarto, dopo aver perso la battaglia contro la dengue.

Anche se molti giornali nel mondo hanno parlato della scomparsa di questa maestra diventata leader civile, il Granma e gli altri giornali cubani sono rimasti in silenzio. Il mutismo potrebbe essere dovuto alla mancanza di grandezza di un governo che non sa esprimere rammarico per la morte di un avversario. Ma dipende anche dalla paura che avevano di questa donna minuta con lo sguardo diretto e dal timore che gli cresce in gola sapendo che è diventata un simbolo.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 920, 21 ottobre 2011*

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