03 novembre 2023 16:24

Avvertenza. Il linguaggio di questa rubrica è diretto ed esplicito.

Avrei voluto registrare questa domanda per il tuo podcast, ma mi vergogno letteralmente a formularla ad alta voce. Ho avuto una relazione durata più di vent’anni con un tizio che mi ha inflitto violenze sessuali, emotive, fisiche, psicologiche e danni economici. Sono cresciuta in una famiglia alquanto instabile (cioè violenta e indifferente), e sono fiera di essere finalmente riuscita a lasciare quest’uomo. So che tra chi ha un vissuto simile al mio ci sia questa tendenza a crocifiggersi e darsi la colpa di tutto. Ma c’è una cosa in particolare che mi fa credere di essere una persona terribile. Una volta io e il mio ex eravamo a letto, avevamo bevuto entrambi e ho provato ripetutamente a baciarlo. Lui spesso mi ignorava e non si faceva toccare per giorni, e così mi ritrovavo a fare di tutto pur di compiacerlo. Quella sera, invece, l’ho baciato e poi ho cominciato a fargli un pompino, e abbiamo finito per fare sesso. Tempo dopo lui l’ha definito uno stupro. Non chiamava così il mondo in cui “facevamo sesso” negli ultimi tempi, quando mi inchiodava e ordinava di stare immobile, e solo quando lo voleva lui. Io non ho mai potuto prendere l’iniziativa, neppure per baciarlo. Temo di essere cattiva quanto lui. Prima di lui avevo il pallino del consenso su tutto, specialmente dato che mi piace un po’ di bdsm blando. Trovo sexy la comunicazione a letto. Dopo di lui ho avuto un’ottima comunicazione, schietta e aperta, con ciascuno dei miei partner, Dan, eppure ho la sensazione di mentire sul fatto di essere una brava persona. Puoi dirmi cosa ne pensi, per favore?

–Feeling Remorse About Upsetting Denunciation

La mia prima reazione alla tua domanda, FRAUD, è stata: “Fai attenzione alle parole”, ma ho voluto chiedere un rapido consiglio a qualcuno che avesse le giuste competenze.

“Ci sono tante altre domande che vorrei fare a questa persona, per capire se quello che è successo possa qualificarsi come stupro in senso legale”, dice Rena Martine, una consulente specializzata in sessualità nonché ex procuratrice che si occupava di reati sessuali. “Però non sono sicura che sia questa la domanda di FRAUD. A ben vedere, ‘stupro’ è il termine usato dal suo ex per descrivere un singolo episodio durante il quale erano entrambi ubriachi e FRAUD ha preso l’iniziativa. Non ha usato il termine ‘stupro’ per descrivere i decenni di maltrattamenti che ha inflitto a FRAUD, e che prevedevano il sesso imposto con la forza. In questo senso, la definizione che lui dà di stupro non è una base di partenza solida”.

Proprio come la pensavo io.

Se tutto si è svolto come l’hai descritto – quel “se” che si annida dietro a ogni domanda pubblicata in questa rubrica, dove riceviamo solo una versione dei fatti – allora non hai stuprato quella merda del tuo ex. Hai preso l’iniziativa sessuale con un partner di lungo corso all’interno di un rapporto estremamente squilibrato. Va da sé che non sta bene saltare addosso a uno sconosciuto in metropolitana e cominciare a baciarlo o a succhiarglielo, ma dai partner di lungo corso quasi nessuno di noi pretende che si assicurino il nostro consenso verbale prima di prendere l’iniziativa.

Ciò che vogliamo da un partner – e che abbiamo il diritto di aspettarci – è l’intelligenza emotiva di sapere più o meno quando abbiamo voglia, o quando un bacio può bastare a farcela venire. E se per caso non abbiamo voglia, e quel bacio non basta a farcela venire, un bravo partner ripiega prontamente, senza rancori e piagnistei, su qualcos’altro che ci piace fare in coppia, che siano le coccole, mangiare il gelato, sparlare degli amici, giocare a Zelda o tutte queste cose insieme.

Se tu ti fossi scopata uno per la prima o la cinquantesima volta, FRAUD, senza sapere né preoccuparti se anche lui lo volesse, e comportandoti in modo tale da fargli temere le conseguenze di un suo no, allora la sua accondiscendenza silenziosa non costituirebbe un consenso valido, e faresti bene a sentirti in colpa. Ma quello che è successo la sera di cui parli si è svolto nell’ambito di un rapporto consolidato – rapporto che prevedeva un sacco di pessimo sesso, praticato dal tuo ex senza alcun riguardo per i tuoi limiti o il tuo piacere – e lui, non avendo motivo di temerti, avrebbe potuto dire di no in qualsiasi momento. Invece, nella sua violenza emotiva, ha deciso di usare come un’arma quell’episodio di pessimo sesso, fatto da ubriachi e senza obbligo, per convincerti che lo avevi maltrattato proprio come faceva lui con te: un meccanismo di proiezione che insinua una falsa equivalenza.

Ribadisco: se tutto si è svolto come l’hai descritto, non hai stuprato il tuo ex, anzi mi sembra proprio che sia stato lui a stuprare te. E dato che tu non sei lui, e che non esiste la proprietà transitiva dello stupro, non devi preoccuparti. Se però vuoi evitare possibili ambiguità con i partner futuri, avvertili che prima di passare da una lieve intimità fisica (baci, coccole, sparlare degli amici) ai rapporti sessuali veri e propri (leccare, succhiare, scopare), uno dei due deve dire: “Oh, ti va di scopare?”. E l’altro deve rispondere: “Cazzo, sì!”.

Cedo l’ultima parola a Martine: “Un elemento essenziale della vergogna è il senso d’isolamento – ‘Mi è capitata questa cosa tremenda e nessun altro potrà mai capire cosa si prova’ – ma la triste realtà è che la violenza sessuale commessa dai partner è un fenomeno diffuso. Negli Stati Uniti quasi la metà delle donne (46,7 per cento) e degli uomini (44,9 per cento) vittima di stupro è stata violentata da un conoscente. Il 45,4 per cento delle donne e il 29 per cento degli uomini che hanno subito una violenza ha detto che è stato il partner”.

Seguite Rena Martine su Instagram e andate sul suo sito.

Francesca Ghermandi

Sono giovane, gay, iscritto a una palestra. Qualche anno fa ero da solo nella sauna insieme a un tizio più anziano, che a un certo punto mi ha chiesto se poteva farmi un massaggio ai piedi. Io sono uno abbastanza ordinario, ma lui non sembrava un maniaco pericoloso. Perciò, seguendo il tuo consiglio (ti leggo da sempre), ho detto quel che pensavo, e cioè che poteva massaggiarmeli purché non facesse nient’altro. Lui ha rispettato il mio limite, perciò gliel’ho lasciato fare altre volte, ed è diventata una cosa regolare. Ci scambiavamo un cenno in sala pesi e finito l’allenamento lui mi seguiva nella sauna. Abbiamo cominciato a chiacchierare del più e del meno per sciogliere la tensione (sessuale solo per lui) ed è venuto fuori che lui lavorava nel campo in cui volevo entrare io. (Non posso scendere nei particolari, mi dispiace). Lui si è offerto di dare un’occhiata al mio curriculum, e poi mi ha scritto una lettera di raccomandazione che mi è valsa un’offerta di lavoro. Qui la nostra storia prende una piega triste: questo signore anziano è morto, e io non so bene come elaborare quello che provo. Ci eravamo scambiati un po’ di email, ma mai incontrati fuori dalla palestra. È giusto che io sia in lutto? Al suo funerale ci devo andare? Non è una cerimonia privata, ma come faccio a spiegare la mia presenza alla sua famiglia? Non frequentavo quest’uomo, e se dicessi “Ho conosciuto suo marito/suo padre in palestra”, magari farei nascere domande o sospetti. Lui era bisessuale, ma non dichiarato, e io non voglio causare ulteriori sofferenze alla sua famiglia.

– Getting Your Meaning

Immagino che tu non abbia mai seppellito nessuno: magari un nonno o due, ma non un genitore o un partner. Quindi ecco come funzionano le condoglianze ai funerali: se qualcuno vuole porgerle ai parenti più stretti, può avvicinarsi a loro prima o dopo la cerimonia. Se è una persona che i familiari non hanno mai visto, prima di porgere (“sentitamente”) le condoglianze può spiegare (ma non è obbligata) come ha conosciuto il loro caro. Dovrebbe essere uno scambio breve – l’idea è di unirsi al lutto dei parenti, senza addossargli il proprio – ed è assolutamente facoltativo. Se non vuoi dire nulla ai familiari, o non sai cosa dire, non sei obbligato ad avvicinarti.

Al funerale di mia madre c’erano un sacco di persone che non conoscevo, GYM, e alcuni di quegli estranei (estranei per me, non per mia madre) sono venuti da me, dai miei fratelli, dal mio patrigno e dai fratelli di mia madre per farci le condoglianze, altri no. Noi però siamo stati riconoscenti con tutti, che si fossero avvicinati o meno, senza andarcene in giro a chiedere a degli estranei come conoscessero mia madre. (Per quanto ne so, GYM, al suo funerale potevano esserci persone a cui aveva massaggiato i piedi nella sauna di una palestra a cui non sapevamo che fosse iscritta). Perciò vai al funerale, vestito come si deve, mettiti seduto in fondo, non ti stupire se riconosci qualche altra faccia vista in palestra (a naso direi che il morto non aveva una relazione monogama con i tuoi piedi) e non ti sentire in obbligo di avvicinarti ai familiari. Se qualcuno seduto al tuo stesso banco ti chiede come lo conoscevi, sentiti libero di dire la verità (almeno in parte): “Andavamo nella stessa palestra, mi ha dato qualche consiglio professionale e tenevo molto alla sua amicizia”.

Per finire: condoglianze anche a te, GYM. La tua quota di lutto è minuscola se paragonata a quella della moglie e dei figli di quell’uomo, che però ha toccato la tua vita, non solo i tuoi piedi, perciò il tuo è un lutto reale, valido e commovente.

(Traduzione di Francesco Graziosi)

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