Matteo Messina Denaro (Handout, Italian Carabinieri Press Office)

Il boss Matteo Messina Denaro, morto il 25 settembre a 61 anni, è stato uno spietato assassino che ha vissuto per trent’anni da latitante in seguito a una campagna di violenze che ha contribuito alla sanguinosa reputazione della mafia siciliana.

“Potrei riempire un cimitero con le persone che ho ucciso”, avrebbe detto, anche se l’affermazione è impossibile da verificare.

Messina Denaro è stato uno dei protagonisti della guerra dichiarata dalla mafia allo stato e nel corso degli anni è stato condannato a sei ergastoli, anche per il suo ruolo nell’omicidio del giudice antimafia Giovanni Falcone nel 1992 e per gli attentati a Roma, Firenze e Milano nel 1993.

Era un fedele luogotenente del boss Salvatore Riina, capo del clan dei corleonesi immortalato nei film Il Padrino, morto in carcere nel 2017.

Messina Denaro operava nella provincia di Trapani, nella Sicilia occidentale, ma al momento dell’arresto, avvenuto il 16 gennaio 2023, la sua influenza si estendeva fino al capoluogo Palermo. Era latitante dal 1993.

La polizia lo ha arrestato mentre era ricoverato sotto falso nome in una clinica per la cura del cancro a Palermo.

Crimini orribili

Appassionato di orologi Rolex e di abiti firmati, di fumetti e di videogiochi, Messina Denaro aveva la fama di playboy e una volta apparve sulla copertina di una rivista italiana con gli occhiali scuri, come fosse una rockstar.

Tra i suoi effetti personali, dopo l’arresto, sono stati trovati oggetti legati al film Il Padrino, tra cui una calamita che raffigura un boss mafioso in smoking, con la scritta “Il padrino sono io”.

Tuttavia, Messina Denaro ha commesso crimini orribili e l’elenco delle vittime è lungo. Tra loro ci sono anche un bambino il cui corpo è stato sciolto nell’acido e una donna incinta.

Nato il 26 aprile 1962 a Castelvetrano, nel sudovest della Sicilia, Messina Denaro è cresciuto nel cuore della criminalità organizzata.

Suo padre, Don Ciccio, era il capo del clan locale e anche il suo padrino era un esponente della mafia.

I problemi di Messina Denaro con la legge cominciarono nel 1989, quando partecipò a una sanguinosa lotta tra clan rivali.

Nel 1992 fece parte di un gruppo inviato a Roma da Riina per pianificare l’omicidio di Falcone. Fu richiamato quando il capomafia decise di cambiare strategia.

Falcone fu poi assassinato con l’esplosione di una bomba su un autostrada vicino a Palermo, il 23 maggio 1992, un crimine per il quale Messina Denaro fu condannato all’ergastolo in contumacia nel 2020.

Mettina Denaro era considerato particolarmente spietato anche per gli standard mafiosi.

Nel luglio 1992, dopo aver partecipato all’omicidio di Vincenzo Milazzo, capo del clan rivale di Alcamo, strangolò la compagna di Milazzo, incinta di tre mesi.

Dopo l’arresto di Riina nel gennaio 1993, Messina Denaro portò avanti la guerra allo stato, fornendo supporto logistico per gli attentati di Firenze, Milano e Roma, che causarono dieci morti e un centinaio di feriti.

Nel novembre 1993 fu uno degli organizzatori del rapimento di Giuseppe Di Matteo, che all’epoca aveva dodici anni, finito nel mirino perché il padre aveva testimoniato sull’omicidio di Falcone.

Il ragazzo rimase in ostaggio per 779 giorni prima di essere strangolato e il suo corpo sciolto nell’acido.

Pienamente operativo

Messina Denaro scomparve dalla circolazione nell’estate del 1993, ma rimase pienamente operativo.

Nel 2000, dopo un maxiprocesso contro la mafia a Trapani, fu condannato all’ergastolo in contumacia per omicidio e associazione mafiosa.

Messina Denaro ha continuato a gestire i suoi affari comunicando attraverso il sistema dei pizzini, cioè messaggi scritti su piccoli pezzi di carta.

Le fonti di guadagno erano molteplici, dal traffico di droga al gioco d’azzardo, sia in Italia sia all’estero.

Nel 2015 la magistrataTeresa Principato affermò che durante la latitanza Messina Denaro era stato in Brasile, Spagna, Regno Unito e Austria.

Secondo Principato, probabilmente è sfuggito alla cattura per così tanto tempo perché “godeva di protezioni ad alto livello”, senza chiarire se si trattava di mafia, politici o istituzioni.

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