New York, 20 maggio 2015. Daniel Ek, direttore generale di Spotify, durante un evento aziendale. (Shannon Stapleton, Reuters/Contrasto)

Il 4 dicembre il servizio di streaming Spotify ha annunciato un taglio del suo personale di “circa il 17 per cento”, ovvero di circa 1.500 persone, per ridurre i costi.

Si tratta della terza ondata di licenziamenti da quando l’azienda svedese ha annunciato 600 tagli di posti di lavoro a gennaio 2023. Altre duecento persone erano state licenziate a giugno. Questi provvedimenti fanno parte di una più generale ondata di licenziamenti che ha colpito le aziende tecnologiche dall’inizio del 2023, in particolare i colossi americani come Meta, Alphabet e Amazon.

“Sono consapevole che per molti una riduzione di questa portata può sembrare sorprendente, visti i dati positivi sugli utili”, ha scritto il direttore generale Daniel Ek in una lettera ai dipendenti.

Nel terzo trimestre del 2023 l’azienda svedese ha fatto registrare un utile netto di 65 milioni di euro, rispetto ai 166 milioni dell’anno precedente, grazie all’aumento del 26 per cento del numero di utenti attivi, arrivati a 574 milioni.

Questi licenziamenti dovrebbero consentire di “allineare Spotify con i nostri obiettivi futuri e di garantire che siamo adeguatamente dimensionati per le sfide che verranno”, ha spiegato l’amministratore delegato nella lettera.

Secondo Ek ​​nel 2020 e nel 2021 l’azienda “ha approfittato dell’opportunità offerta dal capitale a basso costo e ha investito in modo significativo nell’espansione della squadra di lavoro, nel miglioramento dei contenuti, nel marketing e in nuovi mercati. Tuttavia oggi ci troviamo in una situazione molto diversa. E nonostante i nostri sforzi per ridurre i costi l’anno scorso, la struttura ha dei costi troppo alti”, ha aggiunto, sottolineando “una crescita economica che ha subìto un notevole rallentamento”.

Nel 2022 e nel 2023 Spotify, quotata alla borsa di New York, è stata “più produttiva, ma meno efficiente. Dobbiamo essere entrambe le cose allo stesso tempo”.

Spotify ha continuato a investire fin dal suo lancio nel 2006, espandendosi in nuovi mercati e offrendo poi contenuti esclusivi, come i podcast, nei quali ha investito più di un miliardo di dollari.

Nel 2017 l’azienda aveva circa tremila dipendenti, un numero che è più che triplicato, arrivando a circa 9.800 persone alla fine del 2022.

Dalla sua creazione, la piattaforma non ha mai registrato un utile netto per l’intero anno e solo occasionalmente realizza profitti trimestrali, nonostante il suo successo nel mercato della musica online.

Nel terzo trimestre del 2023 Spotify ha aumentato del 16 per cento il numero di abbonati a pagamento, che rappresentano la maggior parte delle sue entrate, arrivando a 226 milioni di abbonati.

Ek spiega di aver preso in considerazione “riduzioni minori della forza lavoro, nel corso del 2024 e del 2025, ma dato il divario tra i nostri obiettivi finanziari e i nostri costi operativi, ho deciso che un’azione di questo tipo fosse l’opzione migliore”.

Negli Stati Uniti le grandi aziende tecnologiche come Meta e Microsoft hanno annunciato piani per tagliare almeno diecimila persone. A gennaio Amazon ha annunciato che avrebbe tagliato più di 18mila posti di lavoro e la società di Google, Alphabet, circa 12mila posti di lavoro.