Un ospedale a Wad Madani, capoluogo dello stato di Gezira, Sudan, 2 settembre 2023. (Afp)

Alcuni attivisti per la democrazia sudanesi hanno affermato il 6 giugno che le Forze di supporto rapido (Rsf), il gruppo paramilitare in guerra con l’esercito sudanese dall’aprile 2023, hanno attaccato un villaggio nello stato di Gezira, nel sudest del Sudan, uccidendo “fino a cento persone”.

“Il 5 giugno le Rsf hanno attaccato a due riprese il villaggio di Wad al Noura usando l’artiglieria pesante”, ha affermato in un comunicato il Comitato di resistenza di Madani, una rete di assistenza creata dagli abitanti della zona, aggiungendo di essere “in attesa di un bilancio definitivo”.

Gli attivisti hanno pubblicato sui social network le immagini di decine di corpi avvolti in lenzuoli bianchi.

In una dichiarazione emessa la sera del 5 giugno, le Rsf hanno invece affermato di aver attaccato tre campi dell’esercito nella regione di Wad al Noura.

In poco più di un anno il conflitto in Sudan ha causato decine di migliaia di vittime. Secondo l’inviato statunitense per il Sudan, Tom Perriello, i morti potrebbero essere addirittura 150mila.

Secondo le Nazioni Unite, solo a Geneina, il capoluogo del Darfur Occidentale, potrebbero essere state uccise tra le diecimila e le quindicimila persone.

Intanto, i combattimenti tra le Rsf, guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, e l’esercito, guidato da Abdel Fattah al Burhan, capo della giunta militare al potere, continuano in tutto il paese, compresa la capitale Khartum.

Entrambe le parti sono accusate di aver commesso crimini di guerra, tra cui stragi di civili e bombardamenti indiscriminati di zone abitate.

Il 6 giugno l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha avvertito che il numero degli sfollati “potrebbe superare i dieci milioni nei prossimi giorni”.

Circa diciotto milioni di sudanesi soffrono la fame e 3,6 milioni di bambini si trovano in una situazione di malnutrizione acuta, secondo le agenzie delle Nazioni Unite, che accusano entrambe le parti di ostacolare la distribuzione degli aiuti umanitari.

Secondo il gruppo di esperti olandese Clingendael institute, la crisi umanitaria in corso potrebbe causare la morte di 2,5 milioni di persone entro la fine di settembre, soprattutto nelle regioni del Darfur e del Kordofan.