Il 23 settembre è cominciato a Venezia il processo a Filippo Turetta, autore l’11 novembre 2023 di un femminicidio che ha scosso l’Italia.

L’imputato, 22 anni, non dovrebbe partecipare alla prima udienza, dedicata a questioni tecniche.

L’omicidio di Giulia Cecchettin, 22 anni, studente d’ingegneria biomedica all’università di Padova, aveva scatenato un grande dibattito in Italia sui tanti femminicidi, la maggior parte dei quali commessi da partner o ex partner delle vittime.

Secondo le statistiche ufficiali, ogni tre giorni una donna è uccisa in Italia, paese prevalentemente cattolico dove persistono i ruoli tradizionali di genere e il comportamento sessista degli uomini è spesso minimizzato.

Nel 2023 in Italia sono state uccise 120 donne, 97 delle quali da familiari o partner ed ex partner.

L’11 novembre era stata denunciata la scomparsa di Cecchettin, che avrebbe dovuto laurearsi pochi giorni dopo.

Le telecamere installate vicino alla sua abitazione a Vigonovo, in provincia di Venezia, avevano ripreso i primi momenti dell’aggressione e la fuga dell’assassino in auto con la vittima. C’era stata una caccia all’uomo durata una settimana, seguita in tempo reale dai mezzi d’informazione.

Il corpo di Cecchettin era stato trovato il 18 novembre in un burrone vicino al lago di Barcis, circa 120 chilometri a nord di Venezia. Sulla testa e il collo erano presenti più di settanta ferite prodotte con arma da taglio, come avevano riferito i mezzi d’informazione citando i risultati dell’autopsia.

Turetta, la cui auto era rimasta senza benzina, era stato poi arrestato vicino a Lipsia, in Germania, e consegnato alle autorità italiane.

Il 25 novembre centinaia di migliaia di persone avevano partecipato alle manifestazioni in tutto il paese in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Elena Cecchettin, la sorella della vittima, aveva denunciato il “patriarcato” e la “cultura dello stupro” ancora presenti nella società italiana.

Al funerale di Giulia Cecchettin a Padova il padre Gino aveva chiesto che la morte della figlia costituisse “un momento di svolta nella lotta contro la piaga della violenza sulle donne”.

Turetta, che ha ammesso di aver ucciso Cecchettin perché voleva mettere fine alla loro relazione, rischia una condanna all’ergastolo.