19 marzo 2020 16:51

La prima settimana non è andata poi così male. Il 9 marzo le famiglie italiane si sono fermate e si sono chiuse in casa, come avevano già fatto quelle delle regioni più colpite dal coronavirus. Per la chiusura della scuola la preoccupazione dei genitori era stata diluita dall’ingenua esultanza dei più piccoli, che aspettavano la notizia da settimane.

“Speriamo che il virus arrivi presto anche a Roma”, mi aveva svelato con raggelante candore mia figlia verso fine febbraio, il giorno prima di un’interrogazione che la preoccupava. Poi hanno chiuso i negozi e infine i parchi. E il nostro spazio vitale si è gradualmente ritirato fino a includere solo la nostra casa e qualche veloce sortita al supermercato o in farmacia.

Molti di noi hanno vissuto le prime ventiquattr’ore del blocco in uno stato di incredulità: affacciarsi dalla finestra e vedere le strade deserte sembrava guardare una scena di un film distopico. O al limite uno dei video che fino a poco tempo prima avevano raccontato il mostruoso contagio a Wuhan.

La luna di miele non durerà
A poco a poco, però, rassicurati dall’effetto nido che ci ha offerto casa nostra rispetto a un mondo esterno minaccioso e infestato, abbiamo riscoperto le piccole gioie domestiche: le torte fatte in casa, le serie di Netflix, i giochi in scatola. Qualcuno di noi ha finalmente avuto il tempo di aprire quei cassetti che aspettavano di essere messi in ordine da mesi. E poi sono nate le nuove abitudini per mantenere viva la socialità: i flashmob musicali dal balcone, gli aperitivi su Skype e i disegni con l’arcobaleno dei bambini appesi alle finestre. Alla fine la prima settimana non è andata poi così male.

Ma l’effetto luna di miele non può durare a lungo. La novità di restare dentro casa e godere di un ritmo di vita iper rallentato tra un po’ non sarà più una novità e il sapore idilliaco di questa esperienza lascerà spazio a forme di alienazione. Me ne accorgo già dai post sui social network, ormai unico spazio dove possiamo saggiare l’aria che tira lì fuori. Accanto agli hashtag #iorestoacasa e #andràtuttobene, leggo i primi sfoghi verso chi esce di casa, verso i medici che si fanno i selfie o verso i furbetti che fanno jogging non autorizzato.

Ieri il mio compagno, mentre faceva la fila davanti al mercato, ha sentito un grido pervadere la via: “E chiudi quella finestra quando suoni la chitarra, che dai fastidio!”. Mentre un amico ha visto una donna al telefono sotto casa sua a cui hanno urlato: “Ma falle a casa le telefonate, brutta stronza!”. L’idillio comincia a scricchiolare. Con i vicini e anche a casa: se all’inizio era un piacere passare tutto quel tempo libero con i figli, la prolungata mancanza di spazio personale sta facendo aumentare il nervosismo.

Quindi, in attesa di vedere come ritroveremo il mondo lì fuori quando potremo di nuovo uscire per strada, è importante mantenere basso il livello di stress in famiglia. A cominciare dalla piccole cose. Se nei primi giorni abbiamo riempito la vita dei nostri ragazzi di video lezioni, lavoretti e attività ludiche, ora possiamo anche allentare la presa, perché va bene anche se si annoiano, se usano molta più tecnologia del solito e se mangiano più schifezze. Cerchiamo il modo di ritagliarci spazi individuali durante la giornata: per esempio lavorare in modalità “non disturbare” oppure ascoltare la musica chiusi in stanza.

Se i ragazzi vogliono passare ore in videochiamata con gli amici, che lo facciano. Perché è salutare che vedano facce diverse dalla nostra. E poi va benissimo rendere più agili i pasti: molti di noi hanno mandato più lavastoviglie in questi ultimi dieci giorni che nell’ultimo anno. Non c’è nulla di male a mangiare un panino per pranzo per interrompere l’infinito ciclo “cucina, apparecchia, mangia, sparecchia” che scandisce le nostre giornate.

Ma soprattutto restiamo generosi: è comprensibile che i genitori ogni tanto perdano la pazienza e lo stesso vale per i figli. In questi giorni ognuno in famiglia dispone di qualche gettone che gli dà diritto a fare una scenata. L’importante è esserne tutti consapevoli e, quando qualcuno usa il suo gettone, essere pronti a gettare acqua sul fuoco. In pratica dobbiamo diventare degli esperti di convivenza forzata. In futuro, quando ripenseremo alla folle vita di quarantena, ci renderemo conto che ci ha insegnato molto sulla nostra famiglia. E i più fortunati potrebbero perfino conservarne un prezioso ricordo.

Claudio Rossi Marcelli scrive la rubrica Domande incrociate su Internazionale Kids, in cui un adulto e un bambino rispondono alle domande dei lettori. E cura Dear daddy su Internazionale.

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