10 gennaio 2020 15:23

L’ultimo è stato Dorian, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre del 2019. La sua forza distruttrice ha toccato il Canada orientale, il sudest degli Stati Uniti e le Bahamas, dove sono morte almeno settanta persone, centinaia risultano ancora scomparse e 70mila sono rimaste senza casa.

In FloodZone Anastasia Samoylova guarda a un territorio, il sud degli Stati Uniti, minacciato dagli uragani e dall’innalzamento dei mari. Il suo stile si allontana da un approccio documentaristico tradizionale e costruisce delle immagini distanti, registrate in momenti successivi alla furia dei venti e delle piogge, in cui il tempo sembra sospeso e resta da chiedersi solo quando arriverà il prossimo uragano. I colori tenui e tropicali servono quest’atmosfera malinconica che si contrappone ai residence di lusso, alle piscine e alle spiagge, in particolare quelle di Miami dove Samoylova, di origine russe, si è trasferita nel 2016.

FloodZone. (© 2019 Anastasia Samoylova)

Era la prima volta che si confrontava con un ambiente tropicale. Ha cominciato questo progetto passeggiando tra le case, i negozi e sulla costa, sotto una luce seducente che illumina tutte le contraddizioni della città. “Vivere a Miami ha un sapore dolceamaro: sembra un paradiso, ma le uniche radici sicure sono quelle delle mangrovie”, scrive la fotografa.

FloodZone. (© 2019 Anastasia Samoylova)

Come nel precedente lavoro LandScape sublime, Samoylova cerca una maniera lirica e personale di trasmettere le sensazioni che nascono dall’osservazione di un paesaggio ricco di contrasti e ferito dal cambiamento climatico. Procede astraendosi dalla pura narrazione del disastro e si concentra sui segni e sulle tracce, per rendere l’idea di uno stato mentale con cui si convive ogni giorno.

Il progetto non si conclude con il sud degli Stati Uniti. Samoylova vorrebbe continuare a raccontare altre comunità colpite da uragani e alluvioni. Intanto nel 2019 FloodZone è diventato un libro, pubblicato da Steidl.

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