24 maggio 2017 16:35

Caro bibliopatologo,
alle scuole superiori leggevo solo i libri assegnati dal professore di italiano e per lo più lo facevo controvoglia. Finite le scuole ho fatto fatica a scegliere da sola un libro; avevo sempre bisogno di qualcuno che mi consigliasse, altrimenti mi sentivo smarrita. Piano piano, però, mi sono emancipata, e ora amo andare in libreria rigorosamente da sola e spulciare tra gli scaffali per scovare qualche titolo interessante. Addirittura mi sembra che i personaggi che incontro ogni volta mi aiutino a conoscermi meglio e che siano quello di cui ho bisogno in quel preciso momento. Sono io che scelgo i libri o sono loro che scelgono me?

– Eleonora

Cara Eleonora,
non so cosa facciano leggere oggi nelle scuole, ma appartengo alla generazione di quelli che hanno inaugurato la propria vita di lettori sopportando di malavoglia i Malavoglia. Era il “libro comandato” per le vacanze della prima media. Mia madre, come una Maria Maddalena, si prestò ad accompagnarmi passo passo nel calvario. Eravamo in una casa di montagna, e io gliene leggevo ogni pomeriggio un capitolo a voce alta, tra larghi contagiosi sbadigli.

Alla fine del supplizio non avevo capito ancora bene cosa diavolo fossero i lupini, e a dirla tutta non me ne importava granché, ma ricordo che mandai alla professoressa di italiano una cartolina sarcastica in cui come ‘Ntoni, primogenito di padron ‘Ntoni, dicevo che nella nostra casa di villeggiatura mangiavamo “pasta e carne tutti i giorni”. Come vedi c’era tutto il necessario per allevare in laboratorio un ometto destinato a detestare i libri, la letteratura, i pescatori, i proverbi siciliani, il verismo e soprattutto i lupini.

È andata a finire che di tutte queste cose malsopporto solo il verismo. Funziona così, con le letture-precetto: ti costringono a misurarti su una pietra di paragone o su una pietra d’inciampo, e a formarti tuo malgrado qualche embrionale criterio di gusto – sia pure per insofferenza, per dispetto, per ripicca.

Suona controintuitivo, ma proprio in quelle letture obbligatorie si annidava il germe della tua emancipazione. So di professori che, per indorare la pillola, pescano nelle classifiche dei best-seller italiani degli ultimi anni, e anche se sono solidale con la loro quotidiana guerriglia in un Vietnam di analfabetismo e postalfabetismo, sospetto che sia una strategia di corto respiro. I classici sono sempre l’arma migliore, anche perché, diceva Pasolini, nell’adolescenza le letture sono esperienze esistenziali integrali, e solo dopo diventano esperienze culturali, che riguardano una sfera ben delimitata.

Ma veniamo al punto che più ti interessa. Sei tu che scegli i libri o sono loro che scelgono te? Beniamino Placido una volta scrisse che i giovani lettori farebbero bene a sbarazzarsi al più presto di un abbaglio, “l’errore di pensare che siano loro a leggere i libri. No, sono i libri che leggono noi. Ci conoscono, anche se sono stati scritti cent’anni fa. Ci scrutano dentro. Ci rivelano”.

Era a ben vedere la riproposizione di un’idea molto antica, che si ritrova per esempio in Agostino o in Gregorio Magno: la scrittura come specchio in cui il monaco può conoscere il proprio stato di progresso spirituale. La Bibbia, ovviamente, per un cristiano è una sorta di specchio universale dell’umanità, in cui nessuno ha speranza di sfuggire al riflesso della propria anima; ma più laicamente si può dire che i grandi classici sono specchi di fattura umana molto limpidi e ben conservati, in cui lettori di moltissime generazioni hanno scorto chi un tratto chi l’altro della propria immagine.

Sono io che scelgo i libri o sono loro che scelgono me? Il tuo dilemma, che immagino pronunciato da un maestro zen in abiti marzulliani, si può forse aggirare così: né l’uno né l’altro, sei tu che hai trovato la disposizione della lettrice ideale, perché hai interiorizzato la metafora dello specchio. Potrai imbatterti in specchi più o meno fuligginosi, scheggiati, infranti, arrugginiti, deformanti, illusori, troppo piccoli o troppo grandi. Ma in ciascuno troverai qualcosa che ti riguarda, foss’anche solo un lampo, un barbaglio che occhieggia dal fondo, uno scintillìo che trapassa la superficie offuscata. Benvenuta nel grande mirror maze della letteratura. Con tutti i suoi sforzi e i suoi strumenti di tortura, il professore di italiano non è riuscito a impedire che diventassi una vera lettrice.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it

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