05 aprile 2019 15:38

Gentile bibliopatologo,
da anni rifletto su una concreta possibilità nella mia vita, quella di aprire un caffè letterario, locale di incontro per mangiare, bere, confrontarsi, intrattenersi, lavorare, in cui i libri siano motivo e pretesto. Pur avendo le competenze professionali necessarie, ho dei dubbi etici: è giusto spendere la passione per la lettura in funzione del vile denaro? Posso unire con leggerezza le due cose? Se fallirò, comincerò a rinnegare la mia passione? E se avrò successo, mi sentirò in colpa per aver asservito un ideale a un’impresa commerciale?

–Massimo F.

Caro Massimo,
sei così certo che il denaro sia vile? Non l’ho mai visto in combattimento, ma sono pronto a sfidarlo a duello domani all’alba, se accetti di farmi da padrino (noleggia una redingote e un cilindro). Quanto all’impresa – lo dice la parola – non può che essere eroica e cavalleresca. Che cosa sceglierai al dunque, le passioni o gli interessi, l’onore o la codardia? Vuoi essere annoverato tra gli Helden, gli eroi, o gli Händler, i mercanti? Ma soprattutto: sei sicuro che il tuo dilemma morale si debba porre in modo così melodrammatico? Un piccolo classico di storia delle idee, Le passioni e gli interessi dell’economista Albert Hirschman, racconta per quali vie il capitalismo è arrivato a rimpiazzare il culto aristocratico e guerresco delle passioni con la cura borghese degli interessi, il doux commerce di cui parlava Montesquieu, un fuocherello tiepido che scalda senza incendiare. Ma se proprio vuoi l’eroismo, torniamo al nostro duello con il denaro.

Ann Cutting, Getty Images

Parigi, 22 luglio 1836. Si sfidano all’alba, con la pistola, due direttori di giornali: Armand Carrel (Le National) ed Émile de Girardin (La Presse). Il diverbio nasce dopo che Girardin ha avuto una pensata geniale: dedicare un’intera pagina del suo quotidiano alla pubblicità e riuscire così a dimezzarne il prezzo. Per Carrel è un affronto all’indipendenza della stampa. La lite prosegue su un terreno sempre più personale, con la minaccia di rivelare segreti d’alcova. Finisce a pistolettate; e qui Girardin dimostra di valer meglio sia come mercante sia come guerriero. Con questo episodio si apre un libro appena pubblicato che fa decisamente al caso tuo, La claque del libro. Storia della pubblicità editoriale da Gutenberg ai nostri giorni di Ambrogio Borsani.

Lì troverai tutte le risposte che cerchi, e un ricchissimo catalogo di modi in cui si possono combinare (o scombinare) passioni letterarie e interessi imprenditoriali, dai disastri finanziari di Gutenberg per stampare la Bibbia a Stephen King che fa il testimonial per la carta di credito American Express, da Luigi Malerba che accetta di inserire interruzioni pubblicitarie in un suo romanzo a Jonathan Franzen che rifiuta un invito nel salotto televisivo di Oprah. Si parla di molto altro: vizi e virtù del marketing editoriale, campagne di promozione della lettura, imprese che si servono di scrittori e scrittori che si servono di imprese. E ogni volta, il tuo dilemma si ripresenta.

Ma non sempre è facile distinguere gli Helden dagli Händler. C’è chi con la generosa passione dell’eroe si mette a fare il mercante: Balzac, per esempio, nel 1825 si lanciò in un’ardimentosa impresa editoriale, nata dall’idea di stampare tutto Molière e tutto La Fontaine, e finì per indebitarsi in modo così spaventoso che il cugino dovette salvarlo dalla galera. Sul versante opposto c’è chi, con spirito di autopromozione mercantile, si dedica a recitare la parte dell’eroe: è il caso di Gabriele D’Annunzio, “disposto a morire per una recensione”, come scrive Borsani.

E tu Massimo, trionferai o fallirai? Sarai un eroe travestito da mercante o un mercante travestito da eroe? Intanto, pensa a una bella campagna per lanciare il tuo caffè dove si legge e si mangia. Potresti ispirarti a questo vecchio manifesto francese. Ora però ti saluto, vado a lanciare il mio guanto di sfida al vil denaro, ci vediamo domattina all’alba.

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