01 giugno 2017 17:15

Nell’Anatomia di una scena del film Una vita, che pubblicheremo la prossima settimana, il regista Stéphane Brizé ha parlato di vertigine. Il film è un adattamento del primo romanzo di Guy de Maupassant, e Brizé si è posto l’obiettivo di restituire in forma cinematografica tutto quello che gli ha dato la lettura del romanzo. Sfida non facile, considerato che si tratta di 300 pagine che raccontano trent’anni nella vita di Jeanne, giovane aristocratica francese nella seconda metà dell’ottocento.

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Brizé ha cercato in tutti i modi di evitare qualsiasi riferimento, iconografico e cinematografico, al nostro immaginario su quell’epoca: niente quadri quindi, ma neanche sfarzose messe in scena, niente dialoghi mimetici e pomposi, costumi e trucco senza eccessi. Seconda sfida, condensare i trent’anni della vita di Jeanne, da quando ancora diciassettenne lascia il convento, fino a quando non chiude i conti con il marito prima e il figlio poi. Per trovare la giusta sintesi Brizé ha scelto una strada complicata, fatta di salti avanti e indietro nella linea cronologica del romanzo, tenendo costantemente il punto di vista di Jeanne (Judith Chemla che le da vita è presente nel novanta per cento delle inquadrature), facendo intuire quelli che saranno i passaggi fondamentali della vicenda ma senza perdersi in una trasposizione didascalica e piatta degli stessi passaggi. Creando insomma una vertigine fatta di ellissi e di sottolineature, chiedendo quindi allo spettatore un piccolo sforzo, quello di immergersi nella vertigine.

Se si cede alla richiesta del regista ci troveremo catapultati nella vita di tutti i giorni di una donna, nelle sue aspirazioni, nelle sue delusioni, sentiremo il passare del tempo e delle stagioni direttamente sulla sua pelle. Il mio consiglio, evidentemente, è di cedere. Non c’è pericolo. Anzi. Finalmente un film che richiede allo spettatore, senza ingozzarlo con la solita pappa pronta, riscaldata a colpi di cgi, di grandi divi imparruccati, di estenuanti dimostrazioni di tecnica.

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In alternativa due prodotti tipici della Hollywood di questi anni. Un film di supereroi tratto da un celebre fumetto e una commedia di azione ispirata a un celebre telefilm anni settanta/ottanta. In Wonder Woman poi si parla di supereroi, di fumetti ma anche di telefilm anni settanta. Non di commedia però, perché gli autori dei film tratti dai fumetti Dc Comics si prendono sempre molto sul serio. La principessa amazzone, Diana, interpretata dalla statuaria attrice israeliana Gal Gadot, vive tranquillamente nella sua immaginaria isola greca, quando un pilota statunitense (Chris Pine) la trascina dentro la prima guerra mondiale.

Il film non sarà proiettato in Libano, ma non si tratta di un problema di contenuto. Infatti Wonder Woman aveva già superato il vaglio della censura libanese. La decisione di non farlo uscire nelle sale è arrivata direttamente dal governo e riguarda il fatto che la protagonista è un’attrice israeliana. I due paesi sono ufficialmente in guerra e il Libano boicotta da anni i prodotti israeliani. Ma l’anno scorso è stato regolarmente distribuito Batman vs Superman, in cui Gal Gadot già vestiva i succinti panni della principessa Diana e, come ricorda Ha’aretz, Beirut negli ultimi giorni era tappezzata di poster di miss Israele 2004 in versione Dc Comics.

A giudicare dall’accoglienza della critica statunitense, le autorità libanesi avrebbero fatto meglio a non distribuire Batman vs Superman, che tra l’altro nel paese ha avuto un ottimo risultato al botteghino, puntando invece su Wonder Woman. E che ne sarà di Justice League, in cui ritroveremo Gal per la terza volta nel ruolo di Diana Prince, la cui uscita è prevista per il prossimo autunno?

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Le commedie tratte dai telefilm statunitensi degli anni settanta/ottanta/novanta sono un segmento molto meno importante dell’industria hollywoodiana, rispetto alle galline delle uova d’oro Marvel e Dc Comics. Forse anche perché con rare eccezioni (Starsky & Hutch) quasi sempre sono film brutti, divertenti ma non abbastanza, fondamentalmente noiosi, stupidi e ripetitivi. Negli Stati Uniti, a marzo, è uscito Chips, che è andato disastrosamente. Non dovrebbe essere difficile per Baywatch superarlo (anche se non si sa niente della sua distribuzione in Libano). E Love boat, Happy days, Supercar, Agente speciale Pepper, Kojak? E il Tenente Colombo e la Signora in giallo? Quando arriveranno finalmente sul grande schermo?

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