01 febbraio 2019 16:01

Green book di Peter Farrelly ha avuto il suo primo exploit a Toronto. Arrivato senza essere accompagnato da particolari campagne di comunicazione il film ha vinto il premio del pubblico, imponendosi all’attenzione dei mezzi d’informazione e degli addetti ai lavori. Da lì è cominciata la magnifica stagione del film che ha portato il Golden globe e il premio della Pga, cioè la Producers guild of America, che otto volte su dieci va allo stesso film che vincerà l’Oscar.

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Niente di male: al centro del film ci sono Tony (Viggo Mortensen), un buttafuori italoamericano di New York, e Don (Mahershala Ali) un pianista classico nero, che Tony deve accompagnare durante un tour negli stati del sud, dove c’è ancora la segregazione razziale. Questo viaggio servirà ai due per cementare il loro rapporto e scoprire profondi valori. Se il film fosse passato sotto silenzio a Toronto, ai Golden globe eccetera, non credo che nessuno si sarebbe meravigliato. Non c’è da dubitare sulle buone intenzioni dei produttori, ma sembra un film sul razzismo un po’ superato.

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Con Il primo re, Matteo Rovere (che oltre alla regia e alla sceneggiatura con Filippo Gravino e Francesca Manieri ha anche prodotto il film insieme ad Andrea Paris) si è preso dei rischi. Un film sulla nascita di Roma in cui è riscritta in parte la leggenda di Romolo e Remo, recitato dagli attori in un latino più che arcaico, poteva risolversi in una cosa imbarazzante. Ma Rovere, come ha già ampiamente dimostrato in passato, è uno bravo.

Due pastori vengono travolti dalla piena del Tevere e finiscono nelle grinfie dei cattivissimi guerrieri di Alba. Riescono a liberarsi insieme ad altri prigionieri e si mettono in fuga verso un luogo sicuro dove stabilirsi. Per sfuggire ai nemici che si lanciano sulle loro tracce entrano in una fitta foresta che tutti considerano abitata dagli spiriti maligni. Remo (Alessandro Borghi) riesce a imporre la sua autorità sugli altri (a suon di mazzate) e a salvare la vita al fratello gravemente ferito. Convinto che non ci siano dèi a cui rendere omaggio, sfida anche il vaticinio di un sacerdote che gli imporrebbe di uccidere il fratello per diventare re di un potente impero.

Come Romolo (Alessio Lapice, che con la barba e i capelli lunghi ricorda un po’ Jon Snow, il che non guasta) fa una sintesi tra l’idea di potere che si è fatto suo fratello Remo e le superstizioni che tengono insieme le varie tribù del Lazio, Rovere riesce a fare una bella sintesi tra fantasy e ricostruzione storica. Tante le scelte, anche coraggiose, che alla fine funzionano e rendono credibile Il primo re, dalle ambientazioni (il film è stato girato completamente nel Lazio), al protolatino parlato dai personaggi, alle scene di azione. Anzi, speriamo che il pubblico premi questi sforzi, perché dal solco tracciato da Rovere potrebbe venire fuori un bel filone, dal ratto delle sabine in poi.

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In uscita anche Dragon trainer. Il mondo nascosto, ultimo capitolo della trilogia animata Dreamworks sul giovane capo vichingo Hiccup e il suo drago Sdentato.

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