14 giugno 2019 17:14

Una commedia di Jim Jarmusch sugli zombi con un cast clamoroso: sulla carta I morti non muoiono è quasi irresistibile. Nella pratica però qualcosa non torna. Per una critica esaustiva su questa metafora dell’imminente apocalisse rimando alla recensione di Francesco Boille che ha visto il film quando ha aperto il festival di Cannes. Tuttavia, anche solo per il cast (Adam Driver, Bill Murray Chloë Sevigny, Tilda Swinton, Steve Buscemi, Selena Gomez, Tom Waits e altri), quello di Jarmusch è probabilmente il film da non perdere in questo torrido weekend di giugno.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Invece Climax di Gaspar Noé mi ha fatto venire nostalgia per i festival di cinema. Un gruppo di ballerini si ritrova per tre giorni in un luogo isolato, probabilmente una scuola abbandonata, per le prove di uno spettacolo. Dopo una prova, se ho capito bene l’ultima, i ballerini possono rilassarsi, bere qualcosa e socializzare. Ma qualcuno ha sciolto degli acidi nella sangria e vanno tutti fuori di testa, purtroppo anche in modalità molto violenta.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

La prima mezz’ora del film è spettacolare e ipnotica. Ci sono un paio di sequenze di danza caotiche ma proprio per quello molto belle, direi avvincenti. Una di queste, tra l’altro, è quella commentata da Gaspar Noé per l’Anatomia di una scena. Ogni ballerino ha il suo stile e la sua personalità e ci si perde a seguirli adeguatamente scortati dalla colonna sonora (Cerrone e Marrs su tutti). Alcuni di loro, non solo Sofia Boutella, sono uno spettacolo. Poi la droga comincia a salire e lentamente tutto si trasforma in un brutto incubo. Magari il film mi ha fatto pensare a un festival perché è un luogo dove accanto a cose belle ce ne sono altre di cui ci si chiede perché siano state messe in programma.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Beautiful boy di Felix Van Groeningen è tratto da due libri, scritti da padre e figlio sullo stesso argomento. Steve Carell e Timothée Chalamet interpretano David e Nic Sheff, rispettivamente uno scrittore e giornalista dell’alta California e il suo figlio maggiore che affronta un serio problema di droga. Il cast di prim’ordine è completato da Maura Tierney nei panni della seconda moglie di Sheff, madre di due figli ancora piccoli e da due poco più che camei di Amy Ryan e Andre Royo. Preso come film sul complicato rapporto affettivo tra un padre e un figlio Beautiful boy va bene. Ma, a mio parere, se parliamo di tossicodipendenza non ci siamo (soprattutto se consideriamo che, come ci avverte un cartello all’inizio del film, negli Stati Uniti la droga è la prima causa di morte per gli under 50).

E infatti il bel monologo/discorsetto di Nic quando in comunità spiega com’è finito nella spirale della tossicodipendenza è meno struggente della scena in cui David, padre separato, spiega a un Nic ancora piccolo quanto gli vuole bene (”more than everything”). In generale ho trovato abbastanza sensata la critica di Peter Bradshaw sul Guardian che fa fatica a spiegarsi come un argomento grave sia affrontato in modo troppo quasi troppo laterale, come se si volesse avere un occhio di riguardo per i protagonisti del film. E forse Chalamet, proprio perché davvero tanto beautiful, finisce per aumentare questa sensazione. Un po’ come la colonna sonora, bella ma un po’ gelida (Mogwai, PanSonic, Massive Attack, Sigur Rós eccetera).

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Difficile, davvero difficile, parlare di Blue my mind. Il segreto dei miei anni, primo lungometraggio della regista e attrice svizzera Lisa Brühlmann, senza fare spoiler. Ma per fortuna a quello provvede ampiamente il trailer. Comunque se non volete rovinarvi eventuali sorprese e colpi di scena fermatevi qui (spoiler spoiler spoiler). Mia è appena arrivata in una nuova scuola, fatica a inserirsi socialmente e contemporaneamente comincia a notare strani cambiamenti nel fisico. Le prime mestruazioni non possono spiegare come mai i suoi piedi si stanno “palmando” né l’irrefrenabile impulso a inghiottire i pesci dell’acquario di sua madre. Le branchie nel costato forniscono forse l’indizio definitivo.

La scoperta del proprio corpo, della propria fisicità, delle pulsioni naturali è un tema ampiamente sfruttato dal cinema horror o comunque soprannaturale. Dalle mestruazioni di Carrie White all’inizio del capolavoro horror di Brian De Palma (Carrie lo sguardo di Satana) ai più recenti (ed europei) Thelma e Raw. Una cruda verità. Al film di Brühlmann non manca quasi niente, ma allo stesso tempo non sembra mai arrivare dove punta. Resta sicuro il fatto che una sirena in Svizzera deve soffrire parecchio. Hai voglia a bere acqua salata e mangiare pesci crudi. Il mare è davvero troppo lontano.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it