Il 3 e il 4 ottobre Aris Messinis, un fotografo dell’Afp, era a bordo della nave spagnola Astral quando sullo schermo del radar sono apparsi dei puntini che indicavanoil tratto di mare 12 miglia al largo della costa libica. I soccorritori si sono avvicinati e si sono trovati davanti a delle barche di legno e a dei gommoni con migliaia di migranti a bordo. In un’imbarcazione c’erano almeno 29 persone morte, soffocate dalla calca. In altre, i corpi erano distesi sulle assi del pavimento, costringendo i sopravvissuti a scavalcare i cadaveri.

A bordo di un battello c’erano almeno mille persone – circa cinque volte la sua capacità – che chiedevano freneticamente aiuto. “Erano in preda al panico”, ha raccontato Messinis. Alcuni migranti sono saltati in acqua cercando di raggiungere l’Astral – gestita dall’ong spagnola Proactiva open arms – e altre navi di salvataggio, che in seguito li hanno trasferiti sulle navi della guardia costiera e portati in Italia.

I migranti – provenienti da Eritrea, Etiopia, Somalia, Nigeria e altri paesi subsahariani – sono stati trovati dalla Astral il 4 ottobre, parte di un’ondata di oltre undicimila persone salvate nel Mediterraneo dalla guardia costiera italiana in tre giorni. Anche se quest’anno c’è stato una diminuzione deiviaggi in mare verso l’Europa, sono almeno 3.500 i migranti morti nell’attraversamento del Mediterraneo, che è diventato uno dei percorso più pericolsi al mondo per i migranti.

Messinis, 39 anni, ha coperto i conflitti in Libia e Siria e ha cominciato a fotografare l’arrivo dei migranti in Europa da tre anni. Ma sostiene che quello che ha visto nel Mediterraneo in questi giorni è diverso. Come hanno ricordato alcuni dei volontari di Proactiva sembrano le navi che una volta che attraversavano l’Atlantico portando gli schiavi. “Ho visto la morte molte volte, ma niente di questo genere”, ha detto Messinis.

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