19 settembre 2019 17:24

La valle del Kashmir si trova nello stato di Jammu e Kashmir, che dal 1947 è sotto l’amministrazione dell’India. Da allora, il territorio è al centro di frequenti proteste in cui i kashmiri chiedono l’indipendenza.

Nel 2010, dopo che le forze di sicurezza schierate nell’area hanno ucciso 112 manifestanti, il governo indiano, per evitare altre violenze, ha dato in dotazione alla polizia locale delle armi considerate non letali. Tra queste, i fucili a pallini, che dovrebbero essere usati da lontano e solo per colpire le parti inferiori del corpo. Un proiettile può contenere fino a cinquecento minuscoli granelli di piombo, che dopo il colpo si disperdono dappertutto.

Queste armi sono state usate nell’ultima ondata di proteste scoppiata l’8 luglio del 2016, dopo l’uccisione da parte dell’esercito indiano del leader separatista Burhan Wani, di 22 anni. Centinaia di giovani kashmiri sono scesi in strada nonostante il coprifuoco, alcuni lanciando pietre e dando fuoco alle stazioni di polizia.

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2018, tra il 2016 e il 2017 diciassette persone sono morte a causa dei fucili a pallini e più di seimila sono rimaste ferite. Molte sono state colpite agli occhi restando parzialmente o completamente cieche. “Spesso le vittime non parlano per paura di ritorsioni della polizia”, spiega il fotografo Camillo Pasquarelli, che nel 2017 ne ha fotografate alcune. Accanto ai ritratti ha inserito le radiografie che mostrano i pallini ancora nel corpo di chi è stato colpito.

Il progetto di Pasquarelli, The valley of shadows, ha vinto il premio FotoLeggendo 2018 ed è al centro di una mostra, curata da Emilio d’Itri, negli spazi di Officine fotografiche a Roma, che sarà esposta dal 19 settembre all’11 ottobre.

Da sapere:

Il 5 agosto 2019, a sorpresa, il governo indiano ha fatto approvare dal parlamento la revoca dell’articolo 370 della costituzione, che da più di settant’anni garantiva al Jammu e Kashmir uno status speciale all’interno dell’unione indiana.

Anche se le autorità indiane assicurano che la situazione nello stato è tranquilla, dal giorno della revoca il Jammu e Kashmir è sotto la stretta sorveglianza delle forze di sicurezza, circa quattromila persone sono state arrestate, le comunicazioni sono state interrotte, molti negozi sono chiusi e le scuole sono vuote. La popolazione, esasperata, ha cominciato a ribellarsi.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it