Il virus minaccia la libertà di stampa
“La pandemia di covid-19 sottolinea e amplifica le molte crisi che minacciano il diritto a un’informazione libera, indipendente, varia e affidabile”. È quello che si legge nell’edizione 2020 del World press freedom index, pubblicata da Reporters sans frontières (Rsf) il 21 aprile. Nella sua valutazione annuale della situazione per i giornalisti in 180 paesi, l’associazione che opera in difesa della libertà di stampa, con sede a Parigi, nota che “c’è una chiara correlazione tra la soppressione della libertà dei mezzi d’informazione in risposta alla pandemia di coronavirus e la posizione di un paese nella classifica”.
2020 World Press Freedom Index: %E2%80%9CEntering a decisive decade for journalism, exacerbated by coronavirus%E2%80%9D. The Covid-19 pandemic amplifies the many crises that threaten the right to freely reported, independent, diverse and reliable information %3Ca href=%22https://t.co/sfbR3lLryd%22%3Ehttps://t.co/sfbR3lLryd%3C/a%3E %3Ca href=%22https://twitter.com/hashtag/PressFreedom?src=hash&ref_src=twsrc%255Etfw%22%3E#PressFreedom%3C/a%3E %3Ca href=%22https://t.co/RGud2pf0IY%22%3Epic.twitter.com/RGud2pf0IY%3C/a%3E
— Christophe Deloire (@cdeloire) ?
Per esempio la Cina, ferma al 177° posto, lo stesso occupato nel 2019, e l’Iran, che è sceso di tre posizioni, arrivando al 173°, hanno censurato le informazioni relative alla diffusione del virus all’interno dei loro confini. In particolare durante la crisi sanitaria si sono visti gli effetti negativi di “un sistema di iper-controllo dell’informazione” realizzato da Pechino, nel tentativo di stabilire “un nuovo ordine mediatico mondiale”.
Ma questi tentativi hanno riguardato anche altre parti del mondo. In Iraq, al 162° posto, sei in meno rispetto all’anno precedente, le autorità hanno revocato per tre mesi la licenza dell’agenzia di stampa Reuters in seguito alla pubblicazione di una notizia in cui si affermava che il numero dei contagi era superiore a quello ufficiale. Anche in Europa, che pure continua a essere il continente più rispettoso della libertà di stampa, sono state messe in atto delle misure oppressive e sproporzionate. In Ungheria, scesa di due posizioni all’89° posto, il primo ministro Viktor Orbán ha approvato una legge che prevede pene fino a cinque anni di carcere per chi diffonde false informazioni.
I prossimi dieci anni
“La crisi sanitaria fornisce ai governi autoritari l’opportunità di mettere in atto la famosa shock doctrine, approfittando del fatto che le politiche sono sospese, l’opinione pubblica attonita e le proteste fuori questione, per imporre misure che sarebbero impossibili in tempi normali”, ha detto Christophe Deloire, segretario generale di Reporters sans frontières.
Secondo l’associazione i prossimi dieci anni saranno cruciali per la libertà di stampa a causa delle cinque crisi convergenti che segneranno il futuro del giornalismo: una crisi geopolitica (dovuta all’aggressività dei regimi autoritari); una tecnologica (dovuta alla mancanza di garanzie); una democratica (dovuta alle politiche repressive); una economica (che peggiora la qualità del giornalismo) e una crisi di fiducia (legata al clima di sospetto e perfino di odio che circonda i mezzi d’informazione).
Al vertice della classifica per il quarto anno consecutivo c’è la Norvegia, seguita dalla Finlandia. La Danimarca è salita di due posizioni ed è al terzo posto, mentre al quarto e al quinto ci sono Svezia e Paesi Bassi, entrambi scesi di una posizione a causa dell’aumento delle molestie su internet. L’Italia è al 41° posto e guadagna due posizioni rispetto al 2019. Anche in coda ci sono stati pochi cambiamenti. La Corea del Nord e il Turkmenistan si sono scambiati l’ultimo e il penultimo posto, mentre l’Eritrea, terzultima, continua a essere il paese africano più in basso nella classifica.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it