06 maggio 2020 13:02

L’impatto del virus sui flussi migratori

“Confini chiusi, programmi di asilo sospesi, trasporti fermi e distanziamento sociale: tutte queste misure adottate dai governi per affrontare l’epidemia di covid-19 hanno ridotto drasticamente l’immigrazione in tutto il mondo, soprattutto dai paesi poveri a quelli ricchi”, scrive il New York Times.

Gillian Triggs, assistente dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, spiega che finora almeno 120 paesi hanno ordinato una qualche forma di chiusura dei confini, e solo trenta di loro stanno ancora valutando le richieste di asilo dei migranti. La maggior parte delle nazioni ha messo in sospeso i programmi per la concessione dei visti. Questa situazione è evidente in ogni regione del mondo.

In America Latina le rotte migratorie che portavano i centroamericani ad attraversare i loro paesi e il Messico per entrare negli Stati Uniti, si sono momentaneamente chiuse, mentre l’amministrazione Trump ha approfittato del virus per chiudere le frontiere a quasi tutti i migranti. Il numero di persone che dall’Africa orientale si mettono in viaggio attraverso il golfo di Aden per andare a lavorare negli stati del golfo si è ridotto in modo considerevole. A causa dei blocchi alcuni paesi dell’Europa occidentale sono rimasti a corto dei lavoratori stagionali che di solito arrivano dall’Europa dell’est per lavorare nei campi, e in alcuni casi sono stati organizzati voli appositi per portare romeni e polacchi in Germania e nel Regno Unito.

Ma anche se le opportunità per migrare e trovare protezione si sono ridotte in modo significativo, in alcuni casi le espulsioni sono continuate, spesso con conseguenze sanitarie pericolose. Alcune dei migranti che sono stati espulsi dagli Stati Uniti in Guatemala nelle ultime settimane sono risultati positivi al covid-19, creando un rischio ulteriore per un paese povero e senza molte risorse per fronteggiare un’emergenza sanitaria.

In alcuni paesi i migranti si ritrovano bloccati in rifugi, accampamenti, o alberghi, senza la possibilità di praticare il distanziamento sociale o di difendersi dalla malattia.

Poi ci sono i tanti migranti che stanno cercando di tornare nei loro paesi. Migliaia di venezuelani che erano andati a lavorare e a vivere in Colombia stanno tornando indietro, gli afgani tornano a casa dall’Iran e dal Pakistan e gli haitiani lasciano la Repubblica Dominicana. “Questo succede perché gli immigrati si rendono conto che in quei paesi non possono più sopravvivere”, spiega Triggs.

Vari esperti che si occupano di immigrazione sostengono che questa tendenza è solo temporanea, e che anzi la crisi economica causata dal virus – che colpirà soprattutto paesi che erano già in difficoltà – farà aumentare ulteriormente i motivi che spingono tante persone a migrare.

Secondo l’organizzazione internazionale del lavoro, circa metà dei lavoratori mondiali rischia di rimanere senza mezzi di sostentamento. La perdita di posti di lavoro ha già causato la riduzione delle rimesse che gli immigrati mandano nei paesi d’origine, con conseguenze devastanti sui paesi in via di sviluppo.

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