Primi casi in un campo profughi in Sud Sudan

Per la prima volta due casi di covid-19 sono stati individuati in un campo profughi a Juba, la capitale del Sud Sudan. L’ha confermato Francesca Mold, portavoce della missione delle Nazioni Unite nel paese africano, considerato uno dei meno preparati al mondo per affrontare la pandemia.

Un anno dopo l’accordo di pace che ha messo fine a cinque anni di guerra civile, in Sud Sudan ci sono ancora più di 190mila persone rifugiate in diversi campi gestiti dall’Onu, di cui 30mila a Juba. Gli operatori umanitari hanno avvertito che questi luoghi possono contare solo su alcune strutture di isolamento per arginare il virus. Per quasi tutti i servizi sanitari il paese fa affidamento sulle organizzazioni internazionali.

Il Sud Sudan è stato uno degli ultimi paesi del continente a confermare il contagio e ora ha 174 casi registrati. L’Unione dei medici del Sud Sudan ha espresso preoccupazione per la decisione del governo di allentare parzialmente le misure per il contenimento del virus.

Secondo l’Associated Press alla fine di aprile nessuna delle dieci milioni di persone rifugiate nei campi profughi in tutto il mondo era stata sottoposta al test per il nuovo coronavirus.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it