Conoscevamo già la grande affinità di Enrico Onofri con la musica del seicento italiano, periodo del quale la ricchezza sonora, tra deliri virtuosistici, danze e teatro, ha colorato il suo violino di una voce sempre ammaliante. In questo album, rinunciando a ogni artificio, Onofri non cerca di stregare gli ascoltatori con effetti spettacolari pirotecnici, ma con la lingua semplice, delicata e diretta del cuore. Olivier Fourés, Classica
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Questo articolo è uscito sul numero 1392 di Internazionale, a pagina 83. Compra questo numero | Abbonati