Rabbioso, intelligente e cupo, La tigre bianca esplora gli orrori della società di un paese (in questo caso l’India delle caste) mettendo al centro della scena anche l’oppressione razziale, la corruzione politica e le tendenze economiche globali. Il protagonista Balram (Adarsh Gourav) a un certo punto dice: “I bianchi sono sul viale del tramonto, ormai gli rimane vita breve, è il secolo dell’uomo giallo e dell’uomo nero e che Dio salvi tutti gli altri”. Il film è tratto dal romanzo dell’indiano-australiano Aravind Adiga (Booker prize nel 2008), amico del regista iraniano-statunitense Ramin Bahrani dai tempi dell’università. Il film racconta di come la vita di Balram cambia per sempre dopo aver cominciato a lavorare come autista di una coppia, a New Delhi, formata dal confuso e liberale rampollo di una ricca famiglia e dalla sua splendida e spensierata moglie indiano-statunitense. Nonostante una parte centrale fin troppo intricata, La tigre bianca, provocatorio ma anche compiacente, funziona a meraviglia. La stessa Chopra Jonas e Ava DuVernay figurano come produttrici esecutive: sono gli angeli custodi di cui la pellicola aveva bisogno. Charlotte O’Sullivan, London Evening Standard
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Questo articolo è uscito sul numero 1394 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati