Sono tempi straordinari per la musica giapponese contemporanea nella cultura occidentale. Dischi dimenticati finiscono per valere centinaia di dollari o raccolgono milioni di visite su YouTube. Questo entusiasmo è stato amplificato dagli sforzi della Light in the Attic, la casa discografica di Seattle che da vent’anni riscopre gemme nascoste dai quattro angoli del pianeta. Questa compilation mette insieme quattordici brani che non aderiscono al city pop giapponese ma ne sono una mutazione più elettronica e sintetica. Il filo rosso è tenuto dalla Yellow Magic Orchestra, presente con due dei suoi musicisti che collaborano con altri, a dimostrazione di quanto all’inizio degli anni ottanta volessero provare cose nuove ampliando il loro successo commerciale. Ma Somewhere between testimonia anche quanto le etichette indipendenti avessero assunto un ruolo chiave nella formazione sperimentale del pubblico giapponese. Il confronto con la tradizione tedesca di gruppi come Neu!, Can e Kraftwerk è appropriato, anche se il Giappone è rimasto oscurato dal successo della Yellow Magic Orchestra. Questa raccolta restituisce la memoria di artisti che si sono rifiutati di cavalcare generi più familiari e ci chiedono di scoprire una storia spingendoci oltre la superficie.
Rob Arcand, Pitchfork
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1394 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati