Un racconto cinematografico sull’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi non ha bisogno di particolari artifici: i fatti nudi e crudi sono di per sé sinistri e drammatici. Un raccapricciante omicidio nel consolato in un paese straniero, un principe ambizioso e insofferente nei confronti dei dissidenti, un regno con un peso finanziario enorme. Eppure il documentario di Bryan Fogel riesce ad aggiungere qualcosa, con una colonna sonora incalzante, un montaggio frenetico e qualche elemento di grafica digitale. Devika Girish, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1397 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati