Lila ha il cuore spezzato. È stata tradita dal suo fidanzato. Dovrebbe andare avanti, invece trascina la sua tetra malinconia per le strade di Belleville, insensibile agli sforzi di chi le sta vicino per ridarle un po’ di voglia di vita. Ci vuole coraggio per dirigersi in un’opera prima come regista che poggia su una partitura così intima. Hasfia Herzi raccoglie la sfida con la naturalezza e l’impudenza che la caratterizzano dal suo debutto in Cous cous di Abdellatif Kechiche. Il suo ritratto di una ragazza in lacrime colpisce principalmente per l’accuratezza della scrittura, molto contemporanea. Senza entusiasmo Lila finirà per conformarsi al suo status di single, fatto di rapporti effimeri e incontri fugaci. Ma nonostante la varietà, desiderio e piacere rimangono assenti. In un momento in cui i rapporti tra donne e uomini sono più che mai rimessi in discussione, Herzi ritrae un personaggio che oscilla sempre ai limiti del consenso. Con qualche eccezione (l’amico gay interpretato da Djanis Bouzyani) i dialoghi sono essenziali. Quanto all’erotismo, la regista si rivela una discepola di Kechiche: anche lei indugia a lungo, amorevolmente, sui corpi dei suoi personaggi. Ma qui la parità fa la differenza. Jérémie Couston, Télérama
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Questo articolo è uscito sul numero 1398 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati