Infermiera in un ospedale pediatrico, Laura oscilla tra gli alti emotivi e i bassi snervanti della medicina d’urgenza, sopravvivendo grazie alla caffeina e al senso del dovere. Lei e i suoi colleghi si dedicano alla salute altrui a spese del proprio benessere. In un breve romanzo di autofiction, Glass – lei stessa infermiera pediatrica a Londra – parla dei fardelli di cui devono farsi carico i primi soccorritori e una popolazione sempre più malata. Incaricati di sopprimere le proprie emozioni mentre sono in servizio, gli infermieri e i medici combattono per esprimerle nelle loro case; quando un bambino muore, devono fingersi forti per poi piangere in privato. Devono rallentare la marcia della morte fino all’ultimo momento possibile, e a quel punto si trasformano bruscamente da guaritori a consolatori. Sono potenti guaritori, e subito dopo testimoni impotenti. Nel racconto di Laura, l’assistenza sanitaria è una procedura meccanica, fatta di movimenti e calcoli precisi eseguiti giorno dopo giorno e anno dopo anno. Se la routine e il rigore del lavoro ne attenuano la pressione emotiva, contribuiscono anche a un’inesorabile, profonda spossatezza che s’infiltra nella vita personale degli operatori. Laura e i suoi colleghi tendono a trascurare l’usura emotiva, con effetti catastrofici. Il battito fantasma è un monumento alla categoria silenziosa dei primi soccorritori. Un tributo alla fragilità e anche alla resistenza. Pete Tosiello, **
**The Washington Post

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Questo articolo è uscito sul numero 1408 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati