Le avventure di Huck Finn e Tom Sawyer riecheggiano nel lirico e caloroso romanzo di William Kent Krueger, in cui quattro bambini cercano di sottrarsi alla loro vita brutale fuggendo in canoa sul fiume Mississippi. Krueger scava in profondità per offrirci una storia toccante sulla crescita e il superamento di un’infanzia segnata dalle negligenze, gli abusi e il razzismo durante la depressione. Questa terra così gentile si apre nel 1932, quando il narratore Odysseus “Odie” O’Banion e suo fratello Albert subiscono maltrattamenti costanti alla Lincoln indian training school del Minnesota, dove sono stati mandati dopo che il loro padre contrabbandiere è stato ucciso. I fratelli sono gli unici bambini bianchi tra i nativi. Odie è il ribelle, Albert cerca di seguire le regole. I loro amici più stretti sono Mose, un adolescente sioux a cui è stata tagliata la lingua, ed Emmy, figlia di un’insegnante della scuola, unico adulto gentile con tutti i bambini insieme a un bidello dai buoni princìpi. Stanchi degli abusi, e nel tentativo di sfuggire alle conseguenze di un incidente mortale, i quattro partono in canoa verso St. Louis. Lì i fratelli sperano che li accolga una zia che hanno visto poche volte. Ma il viaggio è irto di pericoli, e i ragazzi sono braccati dalle forze dell’ordine. I giornali sostengono infatti che Emmy è stata rapita. Lungo la strada, sono tenuti prigionieri da un contadino pazzo, visitano campi di senzatetto e incontrano vagabondi che saltano sui treni. Ma trovano anche una gentilezza inaspettata da parte di una famiglia in una baraccopoli, di alcuni ebrei ghettizzati, di un proprietario di una pensione che offre stanza e cibo a chiunque e di un guaritore che gli offre una casa temporanea. Oline Cogdill, Sun Sentinel
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Questo articolo è uscito sul numero 1424 di Internazionale, a pagina 93. Compra questo numero | Abbonati