I Chvrches sono una delle band che hanno guidato l’ondata di synth-pop del decennio scorso, insieme a Purity Ring, Phantogram e Future Islands. Il loro disco migliore è stato l’esordio The bones of what you believe, uscito nel 2013. La cantante Lauren Mayberry e i maghi del synth Martin Doherty e Iain Cook hanno continuato questa traiettoria con il secondo lavoro, Every open eye. Ma, proprio come i contemporanei, la qualità della scrittura ha cominciato a calare a metà della loro carriera. Questo succede anche in Screen violence, anche se l’album ha i suoi momenti brillanti. Il brano di apertura, Asking for a friend, ricorda la forza del primo disco. Violent delights è un altro dei pezzi migliori, mentre l’icona del rock dark Robert Smith fa la sua apparizione in How not to drown, dando alla canzone un carattere cupo che di solito manca alla band scozzese. Screen violence fa quello che i Chvrches hanno sempre fatto, ma non raggiunge le vette emotive del primo lavoro.

Grant Sharples, Paste

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Questo articolo è uscito sul numero 1424 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati