“La fame è una storia dei nostri tempi”, scrivono il politologo Vijay Prashad e i giornalisti Prasanth Rad­hakrishnan e Zoe Alexandra nell’introduzione a una serie di articoli pubblicata da vari mezzi d’informazione internazionali, e in parte in queste pagine, sull’aggravarsi della fame nel mondo. “La pandemia di covid-19 ha scosso un pianeta che era già fragile. I miliardari hanno visto decuplicare la loro ricchezza, mentre in molti paesi la maggioranza della popolazione è stata costretta a una lotta quotidiana per la sopravvivenza. Nel luglio di quest’anno le Nazioni Unite hanno annunciato che siamo terribilmente lontani dal raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti per il 2030, e che nel 2020 più di 2,3 miliardi di persone (il 30 per cento della popolazione globale) non hanno avuto la possibilità di nutrirsi in modo adeguato tutto l’anno. Le conseguenze economiche della pandemia non hanno fatto altro che consolidare una tendenza già affermata: un livello sempre più alto di fame e di insicurezza alimentare nel mondo”.

“Il sistema alimentare mondiale è allo sbando”, conferma il gruppo di scienziati incaricato dalla Fao di presentare una serie di raccomandazioni in vista del vertice sui food systems del 23 settembre. “Una persona su dieci è denutrita. Una su quattro è sovrappeso”, scrivono in un commento uscito sulla rivista scientifica Nature. “Un terzo della popolazione mondiale non può permettersi una dieta salutare. Le forniture alimentari sono minacciate dal caldo intenso, dalle alluvioni, dalla siccità e dalle guerre. Le persone che hanno sofferto la fame nel 2020 sono state il 15 per cento in più del 2019, a causa della pandemia e dei conflitti. Anche l’ambiente soffre. L’industria alimentare è responsabile del 30 per cento delle emissioni mondiali di gas serra. L’espansione delle terre coltivate, dei pascoli e delle piantagioni di alberi contribuisce per due terzi alla scomparsa delle foreste (5,5 milioni di ettari persi ogni anno), soprattutto ai tropici. Tecniche di coltivazione inadeguate impoveriscono i campi, inquinano, prosciugano le riserve idriche e riducono la biodiversità. Queste interconnessioni sono sempre più evidenti e ci stanno spingendo a ripensare il modo in cui affrontiamo l’alimentazione: non si deve parlare più solo di produzione, consumo e filiere, ma anche di sicurezza alimentare, reti e complessità. Il sistema alimentare globale ha bisogno di un rinnovamento su tutti i fronti: istituzionale, sociale, industriale e tecnologico”.

Gli scienziati individuano sette priorità: eradicare la fame e migliorare l’alimentazione di tutti; minimizzare i rischi nella produzione e distribuzione alimentare; rispettare i diritti e l’uguaglianza (dei piccoli agricoltori, dei popoli indigeni e delle donne); migliorare la qualità dei terreni e dei raccolti; proteggere le risorse; puntare anche sui prodotti di mari e laghi; usare le nuove tecnologie.

Il problema della fame è destinato a durare, sottolinea Bloomberg Business­week. “Nei supermercati, nei negozietti di alimentari e nei mercati all’aperto di gran parte del pianeta, i prezzi dei generi alimentari sono aumentati, costringendo le famiglie a scelte difficili. La carne è spesso la prima a sparire dai piatti, sostituita da fonti di proteine meno costose come latticini, uova o legumi. In molte case un bicchiere di latte è diventato un lusso riservato ai bambini, e la frutta fresca – un tempo un obbligo – è diventata un premio. I prezzi dei prodotti alimentari a luglio sono aumentati del 31 per cento rispetto all’anno scorso, secondo un indice della Fao. Questo aumento è in parte temporaneo, perché dovuto a problemi di forniture e a eventi estremi. Ma, mentre alcuni ostacoli legati alla pandemia stanno sparendo, altri fattori, di tipo strutturale, come la crisi climatica e la forte propensione alle importazioni della Cina, non spariranno tanto facilmente”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 44. Compra questo numero | Abbonati