Al cuore di 200 metri c’è il conflitto israelo-palestinese affrontato attraverso questioni concrete ben piantate sul territorio. Ogni metro è fondamentale nella storia di Mustafa, un palestinese separato dalla famiglia da ragioni personali, ma anche da un muro. Mustafa deve raggiungere Gerusalemme Ovest, dove il figlio è ricoverato in ospedale. Ha dei problemi con il permesso di lavoro e al check point israeliano gli viene negato l’accesso. È costretto quindi a rivolgersi a chi potrebbe farlo passare illegalmente. 200 metri si trasforma così in una specie di road movie a ostacoli e anche se la sceneggiatura è appesantita da qualche sovrastruttura, il film non perde mai il suo interesse goegrafico e umano. Due aggettivi che, come ci ricorda il regista, autore di un’opera prima incoraggiante, sono legati in modo inscindibile. Frédéric Strauss, Télérama

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Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati