◆ È arrivato il momento d’inaugurare una nuova fase nella lotta alla crisi climatica e concentrarsi sulle soluzioni. Secondo la storica della scienza Naomi Oreskes, si potrebbe chiudere il gruppo di lavoro I del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), che ha il compito di chiarire gli aspetti scientifici della crisi in corso. Ad agosto, nel bel mezzo di un’estate caratterizzata da incendi e alluvioni devastanti, il gruppo I ha pubblicato il suo sesto rapporto in cui afferma che la temperatura media del pianeta è aumentata di più di un grado e che l’influenza umana sul sistema climatico ha raggiunto livelli pericolosi. Ma già nel 1995 l’Ipcc aveva confermato gli effetti dell’attività umana sul clima. L’ultimo rapporto non è quindi molto diverso dai precedenti per i contenuti, ma se ne discosta nei toni, sempre più allarmati.

“Oggi è più importante mettere a punto strategie per contenere l’aumento della temperatura e per adattarsi a cambiamenti ormai inevitabili”, scrive Oreskes su Scientific American. Bisognerebbe quindi rafforzare i gruppi di lavoro II e III, che si occupano rispettivamente delle misure di adattamento alla crisi climatica e di quelle di mitigazione, cioè la riduzione delle emissioni di gas serra. Insieme ai climatologi, si dovrebbero interpellare economisti, sociologi, urbanisti e biologi. Negli ultimi trent’anni le conoscenze sulla crisi climatica sono aumentate, ma la capacità di affrontarla è rimasta più o meno la stessa, conclude Oreskes.

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Questo articolo è uscito sul numero 1436 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati