Una nuova variante del virus sars-cov-2, inizialmente chiamata B.1.1.529 e ora ribattezzata omicron, presenta un numero insolitamente alto di mutazioni, scrive New Scientist. È stata individuata per la prima volta il 24 novembre in Sudafrica, sulla base di campioni prelevati tra il 14 e il 16 novembre. Il 25 novembre il ministro della sanità sudafricano Joe Phaahla ha dichiarato di ritenere che la variante sia all’origine dell’aumento esponenziale dei nuovi casi quotidiani di covid-19 registrato in tutto il paese in quei giorni. Il 26 novembre il gruppo tecnico consultivo dell’Organizzazione mondiale della sanità sull’evoluzione del sars-cov-2, ha deciso di classificarla come variante di preoccupazione.

“All’inizio di agosto del 2021 Gideon Schreiber e un’équipe di virologi del Weizmann institute of science, in Israele, hanno cominciato a lavorare sulla proteina spike del sars-cov-2, quella che consente al virus di entrare nelle cellule del corpo umano, per capire se era possibile prevedere le mutazioni che in futuro avrebbero potuto dar luogo a varianti del covid-19”, racconta David Cox sul Guardian. “Schreiber ha rilevato una varietà di modi in cui la proteina spike poteva evolversi. Se tutte le mutazioni si fossero verificate contemporaneamente, avrebbero potuto produrre una variante estremamente trasmissibile e potenzialmente in grado di eludere alcune delle nostre difese immunitarie, attenuando l’efficacia dei vaccini. Nelle ultime due settimane in Sudafrica è emersa la variante B.1.1.529 che contiene tutte le mutazioni previste da Schreiber e dal suo team. ‘Che ci siano nuove varianti è la norma’, afferma lo scienziato. ‘Ma questo caso è unico, perché la omicron ha molte più mutazioni di quanto normalmente previsto. Queste caratteristiche possono aumentare l’evasione immunitaria, rendendola ancora più problematica’. In tutto il mondo, squadre di virologi stanno facendo a gara per studiare la sequenza genetica di omicron e cercare di capire cosa succederà. Finora uno studio condotto da Tulio de Oliveira, un bioinformatico che dirige gli istituti di sequenziamento genico di due università sudafricane, ha rivelato che la proteina spike della nuova variante contiene più di trenta mutazioni rispetto al ceppo originale. Ma come sia nata esattamente resta ancora un mistero”. Secondo De Oliveira, la omicron rappresenta già il 75 per cento dei genomi sars-cov-2 studiati in Sudafrica, dove la nuova variante potrebbe aver soppiantato la delta. Gli scienziati, continua il Guardian, sospettano che, come per la variante beta, emersa sempre in Sudafrica nel 2020, la spiegazione più plausibile sia che il virus ha potuto crescere ed evolversi nel corpo di una persona immunodepressa, probabilmente un malato di hiv/aids non curato. Con 8,2 milioni di persone infettate dall’hiv, più che in qualsiasi altro paese del mondo, la lotta del Sudafrica contro il covid-19 è stata particolarmente complicata, perché questi pazienti hanno difficoltà a eliminare il virus, che può rimanere nel loro corpo più a lungo.

L’Economist scrive che Trevor Bedford, virologo del Fred Hutchinson cancer research center di Seattle, ha mostrato che una prima variante omicron si è staccata dal ceppo originario all’inizio del 2020, prima che entrasse in scena la delta. Da allora è rimasta nascosta e, fino a poche settimane fa, non si è diffusa. Ci sono tre spiegazioni possibili per questo fatto: il virus poi diventato omicron era contenuto in una popolazione isolata che solo di recente ha ripreso i contatti con il mondo esterno; può essersi trasferito in un animale e, da lì, di nuovo agli esseri umani; oppure, più probabilmente, ha vissuto a lungo in un individuo immunodepresso, dove ha avuto il tempo di accumulare molte mutazioni. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1438 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati