Alla fine era un colpo di stato. Quando la mattina del 23 gennaio gli abitanti di Ouagadougou e di altre città del Burkina Faso si sono svegliati sentendo colpi di arma da fuoco provenire dalle caserme, le reazioni sono state diverse. I fissati con la minaccia dell’estremismo islamico, ricordando la serie di attentati del marzo 2018, pensavano di assistere ancora una volta all’opera di jihadisti. I più ingenui hanno creduto fino al giorno dopo all’ipotesi di una rivolta. Infine, gli osservatori più attenti hanno subito pensato a un colpo di stato. È sempre così che cominciano, in modo da confondere la situazione. A meno che i militari non pretendano di essere stati “costretti” a fare da arbitri del gioco politico a causa delle proteste di una popolazione esasperata dagli abusi, dal malgoverno e dall’oppressione. O dalle dispute tra i politici che rovinano la vita dei cittadini.

Nel caso del Burkina Faso, sono stati tutti questi ingredienti insieme, a cui va aggiunta l’incapacità della classe dirigente di garantire la sicurezza dei burkinabé di fronte ai numerosi attacchi dei gruppi armati. Per esempio, privando le forze di sicurezza di equipaggiamenti adeguati e condizioni di lavoro dignitose. A questo cocktail esplosivo si mescola anche l’effetto del contagio che può arrivare da un paese vicino. Nel caso del Burkina Faso, il paese è il Mali, dove ci sono stati due golpe dal 2020.

Effetto contagio

Mentre in Camerun si gioca la Coppa d’Africa, in Africa occidentale sembra in corso il torneo dei colpi di stato. Il capo della giunta maliana Assimi Goita ha passato la palla al colonnello guineano Mamady Doumbouya, che ha scalzato il presidente Alpha Condé, e poi ha fatto un lancio lungo al comandante burkinabé Paul-Henri Sandaogo Damiba, che il 24 gennaio ha deposto il presidente Roch Marc Christian Kaboré. Approfittando delle debolezze dell’arbitro, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao), la squadra dei colonnelli continua a segnare e a essere applaudita da un pubblico di persone profondamente deluse dai loro leader.

“A forza di battere il pugno sul tavolo, la Cédéao ha finito per romperlo e non fa più paura a nessuno”, ha scritto sui social network un commentatore burkinabé. I successi ottenuti dall’organizzazione regionale in alcuni campi sono innegabili, ma allo stesso tempo bisogna riconoscere che è stata cieca e inerte di fronte all’oppressione subita da alcune popolazioni. Dopo la caduta di Kaboré, c’è da aspettarsi che la Cédéao e la comunità internazionale adottino presto delle sanzioni. Se queste misure spingeranno i golpisti di Ouagadougou a rispettare gli impegni presi con quella parte della popolazione che li sostiene, avremo assistito a un progresso che potrebbe attenuare il grave arretramento democratico del paese.

Da sapere
Con il sostegno popolare

◆ Dopo violenti scontri tra le forze dell’ordine e i manifestanti che chiedevano le dimissioni del presidente, il capo dello stato burkinabé Roch Marc Christian Kaboré è stato arrestato e il suo governo è stato sciolto in seguito a un golpe annunciato sulla tv nazionale il 24 gennaio. A prendere il potere è stato il colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, un ufficiale di 41 anni che si presenta come capo del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione. L’annuncio è stato accolto con gioia da una parte della popolazione, che è scesa in piazza a festeggiare. Sotto la guida di Kaboré, al potere dal 2015 e rieletto nel 2020, il paese ha assistito a una moltiplicazione delle violenze jihadiste, con duemila civili uccisi e quasi un milione e mezzo di sfollati. Al Jazeera, Bloomberg


Per il momento l’irruzione dei militari sulla scena politica va condannata con fermezza. E ci chiediamo: ora che questi comandanti hanno abbandonato il fronte, chi combatterà contro i gruppi terroristici e criminali che saccheggiano il Burkina Faso e i paesi vicini? E quale sarà il futuro della cooperazione militare G5 Sahel, ora che tre paesi su cinque (Mali, Ciad e Burkina Faso) sono guidati da giunte militari? La speranza è che il ciclo dei colpi di stato giunga presto alla fine. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1445 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati