◆ Se vogliamo contrastare il cambiamento climatico, dobbiamo vestirci seguendo una moda senza tempo (evergreen). È uno dei consigli dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), che ha pubblicato un rapporto sull’impatto ambientale dell’industria tessile nei ventisette paesi dell’Unione europea. Per emissioni di gas serra il settore viene dopo la casa, il cibo, i trasporti e l’intrattenimento. Ogni anno un cittadino europeo consuma sei chilogrammi di vestiti, 6,1 di tessuti d’arredamento e 2,7 di scarpe, che corrispondono a 270 chilogrammi di anidride carbonica equivalente. Circa l’80 per cento dell’impatto è dovuto alla fase di produzione, il 3 per cento alla distribuzione e alla vendita, il 14 per cento all’uso (lavaggio, asciugatura e stiratura) e il 3 per cento allo smaltimento e al riciclaggio. Secondo il rapporto, i tessuti naturali come il cotone hanno un impatto più basso rispetto alle fibre sintetiche come il nylon.

L’agenzia propone delle misure per rendere più sostenibile il settore. Alcune sono rivolte alle aziende, altre ai politici e altre ancora ai consumatori. Una delle raccomandazioni è far durare di più i prodotti, promuovendo una moda lenta (slow fashion), con capi d’abbigliamento senza tempo. L’industria dovrebbe produrre vestiti di qualità, che durino nel tempo e possano essere riparati. Spesso i consumatori sono costretti a eliminarli perché ci sono buchi o strappi, o perché appaiono consunti, sformati, macchiati o scoloriti.

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Questo articolo è uscito sul numero 1448 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati