Un’adolescente che quando si agita si trasforma in un panda rosso gigante è l’improbabile protagonista di Red, film della Disney, che uscirà a marzo. La prima multinazionale dell’intrattenimento del mondo, che nel 2023 festeggerà cento anni, non è certo un’adolescente. Ma anche lei affronta profondi cambiamenti e ha riorganizzato la sua attività – valutata 260 miliardi di dollari – intorno allo streaming, in cui si è gettata solo due anni fa.

Finora l’esperimento è stato un successo. Disney+ inizialmente puntava a raggiungere almeno sessanta milioni di abbonati in cinque anni, cioè nel 2024. La soglia è stata varcata in meno di dodici mesi. Il nuovo obiettivo, sempre entro il 2024, è di 260 milioni di abbonati. Bob Chapek, nominato amministratore delegato poco prima dell’inizio della pandemia, è convinto che il futuro della Disney, la sua “stella polare”, sia lo streaming. E Disney+ si sta affermando come uno dei probabili vincitori della spietata lotta tra le piattaforme online.

Meno abbonamenti, più spese

Ma tra i contendenti si diffondono dubbi su quale possa essere la ricompensa per la vittoria. A gennaio il mercato ha avuto un sussulto quando Netflix, prima azienda del settore, ha diffuso una previsione per cui nel primo trimestre del 2022 avrà appena 2,5 milioni di nuovi abbonati. Si tratta di un record negativo dal 2010, quando la maggior parte degli abbonati riceveva ancora i dvd per posta. Il prezzo delle azioni di Netflix è diminuito di più di un quarto. Anche se la Disney ha annunciato utili superiori alle aspettative, nel trimestre precedente Disney+ aveva avuto 2,1 milioni di abbonati, record negativo nella sua breve esistenza. Con alcune eccezioni, la crescita vertiginosa delle multinazionali dello streaming sta rallentando.

Le aziende puntano il dito contro fattori “temporali”: i postumi della sbornia da covid-19, i ritardi nella produzione dei contenuti e (nel caso di Apple Tv+) la scadenza dei periodi di prova gratuiti. Tuttavia alcuni analisti ammettono che le potenzialità del meccanismo degli abbonamenti potrebbero essere inferiori a quanto si pensava. Secondo la banca d’affari Morgan Stanley, Netflix concluderà il 2024 con 260 milioni di abbonati in tutto il mondo, una stima più bassa rispetto ai trecento milioni previsti in precedenza. Le aziende si affidano alla possibilità di aumentare i prezzi nei mercati ricchi, ma nei paesi più poveri sarà molto più difficile farlo. Anzi, in India Netflix ha ridotto il prezzo dell’abbonamento base da 6,60 a 2,60 dollari al mese. E la Morgan Stanley stima al ribasso anche i ricavi complessivi dell’azienda nel medio periodo. Al rallentamento della crescita dei guadagni corrisponde un aumento frenetico dei costi. Secondo le previsioni dell’azienda specializzata in ricerche di mercato Ampere Analysis quest’anno saranno investiti più di 230 miliardi per la produzione di contenuti per lo streaming, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa. I risultati deludenti di Netflix sono arrivati nonostante quella che è stata definita “la più impressionante ondata di contenuti mai pubblicata”, con titoli come la popolarissima Squid game o Don’t look up, la cui candidatura all’Oscar come miglior film ha contribuito alla scorpacciata di nomination (27, un record) di Netflix. Anche per Disney+ aumentano i costi. Tre anni fa la Disney ha dichiarato che avrebbe speso circa due miliardi di dollari per i contenuti destinati allo streaming entro il 2024. Di recente Chapek ha ammesso che la cifra supererà i nove miliardi.

Don’t look up (NIKO TAVERNISE, NETFLIX)

Anche perché le produzioni costano sempre di più. L’ultima stagione del Trono di spade (2019) era costata quindici milioni di dollari a episodio, una cifra che sembrava enorme. Ma secondo i primi resoconti la serie Amazon sul Signore degli anelli, che vedremo a settembre, è costata il quadruplo. Nel frattempo il pubblico è diventato più esigente. In passato si cancellava l’abbonamento alla tv via cavo solo quando si traslocava, spiega Doug Shapiro, ex responsabile della strategia della Turner broadcasting system. Ora la decisione invece può dipendere “dalla qualità dei contenuti” anche dei singoli prodotti. Secondo l’azienda di consulenza Antenna, Apple Tv+, la più in difficoltà nel trattenere i clienti, perde un decimo degli abbonati ogni mese. In pratica ogni anno perde l’equivalente del 100 per cento degli abbonati.

La combinazione tra l’aumento dei costi e la riduzione dei guadagni “mette in discussione l’intero modello economico”, sottolinea l’azienda di analisi MoffettNathanson. È una flessione economica che irrita soprattutto i gruppi abituati alle certezze della tv via cavo. In media uno statunitense paga cento dollari al mese per la tv via cavo, a cui si aggiungono le entrate pubblicitarie. Eppure quasi tutte le grandi aziende stanno accelerando il declino di questo settore, trasferendo i contenuti migliori dalla tv via cavo ai servizi di streaming e rinunciando tra l’altro a guadagnare dal botteghino cinematografico diffondendo i film direttamente sulle piattaforme online (anche se in questo caso sono state spesso costrette a farlo dalle chiusure causate dal covid-19). A quanto pare gli animatori della Pixar sono delusi dal fatto che in molti paesi Red non uscirà al cinema.

Purtroppo però non esistono alternative a questa strategia. Il declino della tv via cavo è inesorabile, e lo streaming negli Stati Uniti dovrebbe superarla abbondantemente entro il 2024. L’obiettivo, a questo punto, è renderlo più redditizio. Sempre più spesso le piattaforme decidono di mettere online singoli episodi anziché intere serie, e i pacchetti sono diventati più comuni. La Disney, per esempio, offre Disney+ insieme a Espn+ (piattaforma di sport) e Hulu, servizio d’intrattenimento generalista che l’azienda controlla insieme al gigante della tv via cavo Comcast. Sia la Apple sia Amazon abbinano lo streaming ad altri servizi. WarnerMedia e Discovery stanno pianificando una fusione (anche se al momento è tutto fermo). E in futuro questa tendenza potrebbe rafforzarsi.

Un campo affollato

La speranza dei giganti del settore è che la guerra dello streaming produca qualche vittima, permettendo ai sopravvissuti di aumentare i prezzi e ridurre la spesa per i contenuti. Peacock, la piattaforma della Comcast, è in difficoltà. La Viacom Cbs, che controlla la piattaforma Paramount+, è al centro d’infinite voci di acquisizione. Ma anche dopo l’eventuale scomparsa di questi servizi il campo rimarrebbe affollato.

Warner-Discovery sta scommettendo il proprio futuro sullo streaming. La Apple e Amazon stanno migliorando la loro capacità di produrre titoli di successo e hanno abbastanza denaro per operare in perdita fino a quando vogliono. Di sicuro Disney+ e Netflix non spariranno molto velocemente. La guerra dello streaming, insomma, si annuncia lunga e con un bottino misero. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1449 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati