Lo scrittore austriaco Joseph Roth, ricordato per il suo capolavoro La marcia di Radetzky, ne aveva anticipato molti temi nel terzo romanzo, La ribellione, pubblicato per la prima volta nel 1924. È la storia di Andreas Pum, un reduce della prima guerra mondiale che ha “perso una gamba e ha ricevuto una medaglia”. Il libro è allo stesso tempo un racconto realistico e una specie di parabola, e mostra come uno spirito inizialmente accomodante, di delusione in delusione, sia spinto alla furia. Pum si aggrappa alla vita solo “per ribellarsi: contro il mondo, contro le autorità, contro il governo, contro Dio”. Hugo Hamilton usa l’avventuroso espediente di usare una copia della prima edizione del libro di Roth come narratore. “Sono venuto alla vita tra le guerre”, dice al lettore. Al centro della trama c’è un giallo piuttosto semplice: Lena Knacht, artista che vive a Manhattan con il marito Mike, è figlia di un’irlandese e un tedesco, da cui ne ha ereditato una copia. In fondo al libro c’è un diagramma disegnato a mano: è l’indizio di una specie di caccia al tesoro? Lena ha un solo un modo per scoprirlo: andare sul posto. Fortuna che in Germania sta per inaugurare una mostra delle sue opere. Apprendiamo che il libro originariamente apparteneva a David Gluckstein, un professore ebreo di letteratura tedesca a Berlino, che lo diede al nonno di Lena, uno dei suoi studenti, perché lo custodisse durante i roghi nazisti del maggio 1933. Il libro è quindi un testimone della storia.
Andrew Motion, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati