Maylis Besserie si è data un compito difficile per il suo primo romanzo: ha cercato, né più né meno, di entrare nella testa di Samuel Beckett, di cui immagina gli ultimi mesi, dopo la morte della moglie in una casa di riposo parigina. Questo esercizio, anche se irto di insidie, è piuttosto riuscito. C’è anche, in questa cupa avventura, una certa malizia che si sforza di ritrovare il grande scrittore nei personaggi dei falliti o dei pazzi che popolano i suoi drammi e romanzi, in particolare Malone muore, del 1951. L’autrice, tuttavia, non cerca di imitare la scrittura di Beckett, ma di ricostruire i pensieri che il declino personale ispira a uno scrittore sempre più incapace di scrivere. Racconta il graduale distacco da questo mondo così come è vissuto da un ateo risoluto. Evoca le umiliazioni inflitte da un corpo sempre più fuori controllo e la maleducazione involontaria del personale della casa di riposo. Beckett si ritira così in preda a un’aspettativa universale: quella della fine.
Nicolas Weill, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati