Fino alla fine del 2021 nessuno dei circa novemila caffè della Starbucks negli Stati Uniti aveva una rappresentanza sindacale, in parte a causa della dura opposizione dei vertici dell’azienda, ma anche per il fatto che i dipendenti erano pagati tutto sommato bene (ad agosto chiunque lavorasse per la Starbucks negli Stati Uniti riceveva almeno il salario minimo di quindici dollari all’ora). “Oggi, invece”, scrive Bloomberg Businessweek, “più di sessanta sedi in diciassette stati hanno deciso di aderire alla Workers united, un sindacato affiliato alla Service employees international union, seguendo l’esempio dei dipendenti di una filiale a Buffalo, che hanno aderito al sindacato all’inizio del 2022. Attualmente i lavoratori di circa 175 caffè della Starbucks hanno chiesto di indire dei referendum per formare una rappresentanza sindacale. Non sono la maggioranza delle sedi, ma dimostrano che l’ingresso dei sindacati nella Starbucks è ormai inevitabile, non impossibile come si credeva un tempo”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1461 di Internazionale, a pagina 114. Compra questo numero | Abbonati