Dopo decenni in cui qualunque cosa fosse di sinistra veniva condannata, la Colombia ha eletto per la prima volta nella sua storia un presidente di questo schieramento. La vittoria di Gustavo Petro realizza una delle promesse di un paese che sogna la pace: l’alternanza del potere, il pluralismo e la capacità di risolvere le divergenze attraverso il voto. È un sonoro rifiuto del presidente uscente Iván Duque e di decenni di dominio della destra. Ora resta da capire come sanare tutte le ferite aperte del paese.

Guardarsi alle spalle è importante. Gustavo Petro ha fatto parte dell’M-19, un gruppo guerrigliero che ha partecipato a un negoziato con lo stato colombiano e si è reintegrato nella società. Da allora i suoi componenti sono stati fondamentali per la costruzione dello stato. Il fatto che Petro sia diventato presidente della repubblica sottolinea l’importanza della via pacifica e del rifiuto delle armi come meccanismo di conquista del potere statale. La scommessa democratica e istituzionale fatta dalla Colombia è stata chiaramente vinta, e questo va celebrato.

I numeri indicano che il presidente può contare su un ampio sostegno: Petro ha ottenuto quasi tre milioni di voti in più rispetto al primo turno. L’affluenza è stata intorno al 58 per cento, una partecipazione storica. Se a questo aggiungiamo i risultati ottenuti dalla sua coalizione Pacto histórico alle legislative, è evidente che la maggioranza dei colombiani chiede un cambiamento. Ora bisogna permettergli di lavorare. Naturalmente servono dei contrappesi, ma lo stallo politico sarebbe la negazione del messaggio inviato dagli elettori. Il presidente eletto dovrà considerare il gran numero di voti ottenuto dal suo avversario Rodolfo Hernández come l’espressione di una parte del paese che spera di essere tenuta in considerazione. Dopo una campagna elettorale così aspra, è il momento di parlare di unione e ricostruzione. Ai discorsi dovranno seguire i fatti.

L’elezione di Francia Márquez, che diventerà la prima vicepresidente afrodiscendente, è un messaggio a tutte le comunità dimenticate, ignorate, emarginate e vittime di violenza. I territori più colpiti dal conflitto hanno appoggiato questa formula, e la creazione di un ministero dell’uguaglianza potrebbe aiutare a ridurre le enormi disparità del paese.

La Colombia voleva un cambiamento e lo ha ottenuto alle urne. Il futuro dipenderà da come sapremo riannodare i fili sociali che si sono spezzati in queste elezioni. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1466 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati