Pelle si apre con una conversazione tra un padre e il suo giovane figlio che discutono dell’esistenza di streghe, fantasmi e vampiri. Il realismo della situazione si sposa a un’aria di favola, e questo stesso tono continua quando l’uomo, ora giovane studente di giornalismo a Madrid, chiacchiera con Patricia, la sua coinquilina, e le permette di fargli i tarocchi e leggergli la mano. Il romanzo di Sergio Del Molino ha il pregio di riferirsi con una plasticità molto drammatica a situazioni legate a un grave problema di salute nelle sue manifestazioni più acute, la psoriasi, e allo stesso tempo di abbagliarci con casi di persone che ne hanno sofferto, in particolare il protagonista stesso, narratore in prima persona. L’intero libro è un repertorio o un catalogo di “mostri” prodotti dalla malattia, che il narratore scrive per il figlio. Pelle è un racconto flessibile che permette di affrontare tanti temi: i rapporti tra genitori e figli, il razzismo, la maturità personale, la tirannia dell’aspetto fisico. Il filo conduttore di tutti gli aneddoti del bestiario moderno è che la pelle svolge un ruolo importante in essi. La casistica copre un’ampia gamma di casi: il dittatore Stalin, scrittori come Updike, Hemingway e Nabokov, la cantautrice statunitense Cyndi Lauper e il signore della droga Pablo Escobar. La forma ibrida permette di combinare l’autofiction, la saggistica, il romanzo, l’indagine antropologica e la testimonianza storico-sociale. Santos Sanz Villanueva, El Español

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Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati