Anche prima dell’annuncio dei risultati ufficiali, sembra chiaro che il grande vincitore delle elezioni del 2 novembre è Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra Potere ebraico. Il grande sconfitto, invece, è lo stato di Israele. La lista che comprende Potere ebraico, Sionismo religioso, ha distorto il progetto sionista trasformandolo in un movimento di destra, razzista e improntato al suprematismo ebraico secondo le teorie del rabbino Meir Kahane. Ora è la terza forza politica del paese. Negli ultimi anni Israele è diventato spaventosamente più estremista.

Tutti gli avvertimenti si stanno realizzando davanti ai nostri occhi. Il kahanismo è ormai legittimato. Ha superato il Partito di unità nazionale di Benny Gantz e ha ottenuto il triplo dei seggi rispetto al Partito laburista. Le forze di sinistra, centro e destra si erano alleate per combattere Benjamin Netanyahu, ma è emersa una minaccia ben più pericolosa. Se Netanyahu tornerà al governo la sua coalizione gli permetterà di portare a termine il complotto contro la democrazia israeliana, assestando il colpo di grazia al sistema giudiziario. Questa rivoluzione potrebbe comportare passi distruttivi come rimuovere il procuratore generale, introdurre una norma che consentirebbe al parlamento di adottare leggi incostituzionali, affidare ai deputati l’elezione dei giudici della corte suprema, limitare la libertà di espressione e perseguitare i giornalisti, gli arabi, gli attivisti di sinistra e la comunità lgbt+.

Oggi Israele è sull’orlo di una rivoluzione di destra, religiosa e autoritaria, il cui obiettivo è distruggere le fondamenta democratiche su cui è stato costruito il paese. Questo potrebbe essere un giorno nero nella storia israeliana. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1485 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati