“Nonostante la pioggia, il Marocco ha sempre sete”, titola Tel Quel, che pubblica un reportage dalla regione di Ouarzazate, alle porte del Sahara. Anche dopo le precipitazioni invernali, le oasi non ricevono più acqua dal fiume Draa. Se la siccità si può attribuire alla crisi climatica, non bisogna dimenticare le responsabilità politiche, in particolare dei progetti di sviluppo immobiliare e agricolo inadeguati approvati dai vari governi, fin dai tempi del re Hassan II (1961-1999). Alcune coltivazioni, come l’avocado e il cocomero, continuano a ricevere sussidi dallo stato nonostante peggiorino la crisi idrica. “Il Marocco è uno dei paesi più poveri d’acqua del mondo e si sta rapidamente avvicinando alla soglia di scarsità idrica assoluta, fissata a cinquecento metri cubi pro capite all’anno”, si legge in un recente rapporto della Banca mondiale. Un agronomo intervistato da Tel Quel esorta a ripensare l’idea che l’agricoltura sia un motore della crescita. Fin dai tempi del protettorato francese, il Marocco è considerato una potenza agricola, ma l’87 per cento del territorio è arido e riceve meno di 400 millimetri di pioggia all’anno. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1494 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati