Essere trasportati in un mondo nuovo e sconosciuto è uno dei grandi doni della letteratura, e le pagine iniziali dell’ambizioso romanzo d’esordio di David Hopen promettono proprio questo. Il mondo in questione è una rigida enclave ebraica ortodossa di Brooklyn, e a guidarci è un certo Aryeh (Ari) Eden, l’unico studente intellettualmente curioso di una yeshivah, una scuola religiosa piena di rabbini che parlano yiddish e che “si rifiutano d’insegnare qualsiasi cosa vagamente legata all’evoluzione”. La salvezza arriva alla fine del terzo anno di liceo di Ari, quando suo padre perde il lavoro di contabile e si vede offrire un nuovo inizio in Florida. L’immaginaria Zion Hills è un ricco sobborgo ebraico di Miami in cui una cricca di persone dalla vita frenetica accetta rapidamente (e misteriosamente) Ari come uno di loro. La sua vita precedente – fatta di libri, preghiere e cene in famiglia – comincia a scivolare via per essere sostituita da alcol, droghe, feste decadenti e dalle prime pene d’amore. Ma la storia dell’innocenza perduta di Ari è solo un punto di partenza per il romanzo, che solleva domande più profonde sulla vita con l’aiuto del rabbino Bloom, preside della scuola. Le rigorose discussioni diventano più intense con il passare dei mesi, mentre i ragazzi si confrontano sulla fede e la sofferenza, la colpa e la tragedia. A questo punto, Il frutteto entra in un territorio instabile e l’avvincente vicenda di Ari è sostituita da discussioni adolescenziali arcane e iper-intellettuali.
David Goodwillie, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati