Il 14 aprile è stato arrestato in Kenya il capo di una setta religiosa, Paul Mackenzie, che predicava il digiuno come strumento di salvezza. Dopo aver ricevuto una denuncia la polizia ha lanciato un’indagine sulla Good news international church di Mackenzie, scoprendo che almeno una novantina di suoi seguaci sono morti in una foresta a Shakahola, vicino a Malindi. Il presidente keniano William Ruto ha paragonato l’episodio a un atto terroristico, compiuto da persone che “usano la religione per commettere atti deprecabili”, e ha promesso controlli più severi sulle organizzazioni religiose. Tuttavia, c’è chi accusa le forze dell’ordine e i servizi segreti di grave negligenza. In un editoriale il quotidiano Daily Nation scrive che erano stati lanciati degli allarmi, che però le forze dell’ordine e i leader comunitari avevano deciso di ignorare o minimizzare. Il quotidiano The Standard mette in guardia dal proliferare di “predatori spirituali” che sfruttano persone vulnerabili per trarne guadagno. Mackenzie era conosciuto come telepredicatore dal 2003, e si era trasferito a Shakahola nel 2019. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati