A volte dimentichiamo quanto sia eclettico l’hip-hop. Nell’anno in cui celebra il suo cinquantesimo compleanno, pochi ascoltatori avranno bisogno di ricordare il mito della sua creazione, quando il dj Ko­ol Herc s’imbatté nel breakbeat. Ma il fatto implicito in quella genesi è che, fin dall’inizio, l’hip-hop era composto da frammenti di altra musica. Per questo cambia costantemente. E gli artisti più bravi hanno mostrato la libertà che deriva dal rendersi conto che il loro lavoro migliora quando si spingono oltre. Questa è la tradizione in cui Elucid e Billy Woods s’inseriscono, e il sesto album in studio del duo segna un decennio della loro collaborazione. Dopo una jam session insieme a nuovi collaboratori, il duo ha consegnato tante idee a una decina di produttori. Così il sassofonista Shabaka Hutchings si presenta suonando un flauto decostruito in e in altri brani. Il titolo dell’album deriva dai cartelli che si vedono in alcune zone povere di New York e i testi dei pezzi sono spesso criptici, ma affascinanti. Il nuovo disco degli Armand Hammer non è un album rap tradizionale, ma aderisce alle caratteristiche cruciali del genere. È una meraviglia, e forse potrebbe essere un capolavoro.
Angus Batey, The Quietus

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Questo articolo è uscito sul numero 1532 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati