Emma Cline sa scrivere in modo luminoso sulla nebulosità del desiderio femminile. È abile nel ritrarre il calore impetuoso della lussuria – non necessariamente rivolta al sesso, ma anche al potere e al lusso – con fredda noncuranza. Il romanzo segue Alex, una lavoratrice sessuale ventenne che soggiorna per l’estate da Simon, un ricco mercante d’arte sulla cinquantina, a Long Island. Simon non sa nulla della professione di Alex. Non sa nemmeno che Alex è completamente al verde: i suoi coinquilini l’hanno sfrattata dall’appartamento di Manhattan perché non pagava l’affitto e la maggior parte dei suoi clienti abituali se ne sono andati. Non avendo altre prospettive, Alex viaggia con Simon “verso est”. Partecipa a una festa organizzata da una ricca amica di lui, Helen. La cosa più interessante di Helen è che ha un secondo marito molto più giovane, Victor, ed è proprio su Victor che Alex mette gli occhi. Simon li sorprende e rispedisce Alex nel vuoto della sua vita a Manhattan. Alla stazione ferroviaria, però, Alex escogita un piano. Decide di aspettare il momento giusto, andando alla deriva tra le case estive attraverso una combinazione di autostop, occupazioni abusive, feste e seduzione, fino alla fine dell’estate, quando con Simon riderà di tutto questo e Alex potrà tornare a far parte della sua vita agiata. Evocativo e a tratti incandescente, L’ospite è una storia sul modo in cui le persone si trasformano in fantasmi per diventare più visibili.
Michelle Hart,Los Angeles Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1536 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati