Questa novella di Claire Keegan si svolge nel corso di un’estate che una ragazzina trascorre lontano dai genitori, in parte, presumiamo, perché la madre incinta ha troppe bocche da sfamare. La struttura della storia è cristallina. Nella seconda parte c’è una rottura netta e stridente – un vicino ficcanaso, un’inevitabile rivelazione, un seguito incerto – con un epilogo devastante e straziante. Questo non vuol dire che Un’estate sia prevedibile. C’è qualcosa di straordinario nella capacità che ha Keegan di far sentire uniche le vicende più antiche e comuni. La narratrice, una bambina ma senza età, saggia e pratica, è lasciata dal padre a casa di parenti che sembra non conoscere affatto. “L’ultima volta che ti ho vista eri nella carrozzina”, dice la donna. C’è un mistero in questi parenti: i vestiti di un bambino nell’armadio, una cupezza e una certa reticenza. Nel corso di alcune settimane, la ragazzina osserva un modo diverso di stare in una casa, in una famiglia, in una vita. È accudita, lavata, portata fuori a comprare vestiti, aiutata, ascoltata veramente. L’uomo, John Kinsella – che lei chiama solo Kinsella – la allena a correre. “Quando questa estate finirà”, le promette, “sarai come una renna”. Un’estate è una storia piccola, ma non è minimalista. Il mondo di Keegan è ricco, e pieno di dettagli delicati, e la sua ambizione è grande: racchiudere in poche pagine il dolore di vivere, il lampo di vedere finalmente ciò che non abbiamo, il lutto per tutto ciò che non saremo mai.
Lynn Steger Strong, Los Angeles Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1540 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati