I conflitti regionali in Africa e in altre zone del mondo sono sempre più gravi. L’occidente è coinvolto nella guerra tra Russia e Ucraina e nel caos in Medio Oriente, mentre Pechino e Mosca esitano a intervenire in dispute regionali che non riguardano direttamente i loro interessi nazionali. Non dobbiamo sottovalutare il fatto che questi “conflitti dimenticati” si stiano trasformando in crisi pericolose.

In Sudan prosegue la battaglia tra l’esercito e i paramilitari delle Forze di supporto rapido. Le organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani spiegano che il rischio di omicidi di massa in Darfur sta aumentando. I tentativi di mediazione dei governi stranieri sono fallimentari, mentre gli aiuti umanitari faticano ad arrivare a causa dell’ostruzionismo di alcuni attori coinvolti.

Nel 2023 le Nazioni Unite hanno chiuso la loro missione di pace in Mali, anche se nel paese la situazione è instabile. In Birmania, dove l’esercito ha preso il potere nel 2021 con un colpo di stato, gli scontri tra i gruppi armati e i militari si sono intensificati. La comunità internazionale non ha fatto abbastanza pressione sul regime, che continua a opprimere i civili.

La leadership degli Stati Uniti nell’affrontare casi simili sembra svanita, anche per questo le Nazioni Unite non svolgono il loro ruolo tradizionale. Per assicurarsi un coinvolgimento della comunità internazionale, l’Unione africana e l’Associazione delle nazioni del sudest asiatico dovrebbero impegnarsi di più per risolvere le cause delle crisi e garantire la sicurezza in alcune regioni. Come ci insegnano l’Afghanistan e l’Iraq, quando si lascia che i conflitti e le crisi si sviluppino senza freni, alla fine ci sono ripercussioni globali impreviste, per esempio la diffusione di ideologie estremiste o del terrorismo internazionale. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1547 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati