Lapidi è il dettagliato racconto del “grande balzo in avanti” di Mao Zedong, un disastroso tentativo di far decollare l’economia cinese che invece causò una terribile carestia e la morte di 36 milioni di persone. Il libro è uscito a Hong Kong nel 2008 ma è stato vietato nella Repubblica popolare cinese, dove circola clandestinamente online oppure sottobanco in alcune librerie. Nel 2016 Yang è stato premiato “per coscienza e integrità nel giornalismo” dall’università di Harvard ma gli è stato vietato di lasciare la Cina per partecipare alla cerimonia. Yang è nato nel 1940 nella provincia dell’Hubei e in una scena straziante del libro racconta di quando era tornato da scuola e aveva ritrovato l’amatissimo zio (che aveva rinunciato all’ultimo pezzo di carne per nutrire il ragazzo che stava crescendo come un figlio) talmente debole da non riuscire neanche ad alzare un braccio per salutarlo, gli occhi incavati e il viso smunto. Tutto questo accadeva nel 1959, durante la carestia, ma Yang ci avrebbe messo decenni a capire che la morte dello zio era parte di una tragedia nazionale. Dopo i fatti di piazza Tiananmen, e dopo aver cercato in ogni modo di essere un buon comunista, nel 1989 ha avuto un risveglio. “Il sangue di quegli studenti ha lavato via dal mio cervello tutte le menzogne che avevo accettato”. Ha giurato di trovare la verità e si è dedicato a ricostruire la storia della carestia fingendo di svolgere una ricerca economica. E grazie alla sua iscrizione al Partito comunista ha avuto accesso a documenti riservati.
Barbara Demick, The Atlantic

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Questo articolo è uscito sul numero 1547 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati