Sulle strade di mio padre, il debutto letterario del sociologo brasiliano José Henrique Bortoluci, ha attirato l’attenzione di editori internazionali ben prima dell’uscita in Brasile. Un caso molto raro. Il libro è un saggio autobiografico basato sulle interviste dell’autore con suo padre che ha lavorato come camionista per cinquant’anni. La vita della famiglia aveva due centri: uno nella città di Jaú, dove sua madre faceva mille lavoretti per mantenere i figli, e l’altro in lungo e in largo per il Brasile, in giornate lavorative che non avevano né inizio né fine. Il padre, Didi, incarna una figura allo stesso tempo fondamentale e rinnegata nella storia del Brasile, ignorata dal grande racconto del paese o resa come stereotipo astratto. Il libro dà finalmente un nome e un’individualità alla figura del camionista. La storia delle ferite e delle cicatrici di Didi è la storia di un paese che ha dato la precedenza al trasporto su strada e all’idea di progresso che gli era stata associata, soprattutto durante la dittatura militare, quando cominciarono i lavori per la costruzione della Transamazzonica. È anche una storia sulla mascolinità, sulla paternità e sull’ascesa sociale dello stesso Bortoluci. Quando Didi si ammala di cancro la sua tragedia personale si mescola con quella del paese governato da Jair Bolsonaro e con il suo sistema sanitario in rovina. Bortoluci è convinto che l’arte debba aiutare il Brasile a metabolizzare la sua storia recente.
Diogo Bachega, A Folha de São Paulo

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Questo articolo è uscito sul numero 1556 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati